Se inizialmente sui red carpet per la promozione del film Finisce con noi, Jamais plus en français si erano sentite tensioni, le cose sono andate a un livello completamente nuovo. Il 21 dicembre, il media TMZ ha annunciato che Blake Lively, l’eroina del film, aveva presentato una denuncia contro Justin Baldoni, con cui aveva condiviso il poster e che era anche il regista del lungometraggio che tratta di violenza domestica. La moglie di Ryan Reynolds lo accusa di molestie sessuali ma anche di aver organizzato una campagna diffamatoria per infangare la sua reputazione.
Accuse pesanti
Queste rivelazioni hanno provocato una rapida reazione da parte dell’avvocato dell’attore di Jane The Virgin, il quale ha informato i colleghi della rivista Variety che questo attacco contro il suo cliente è “vergognoso” et “falso”. Secondo una fonte del Daily Mail, è apparso Justin Baldoni “macho” et “quasi offensivo” sul set del film e secondo TMZ durante le riprese la tensione era molto alta, al punto che venne organizzato un incontro alla presenza di Ryan Reynolds per fissare alcuni punti come il divieto, ad esempio, per il regista di mostrare “video o immagini di donne nude”. Anche l’attrice lo ha richiesto “La presunta ‘dipendenza dalla pornografia’ di Baldoni” non verrà più menzionato così come il defunto padre dell’ex star di Gossip Girl.
Justin Baldoni contrattacca con altri 9 ricorrenti
Se vi avevamo già detto che l’attore aveva deciso di sporgere denuncia per diffamazione, ora sappiamo a quanto chiedono lui e altri 9 querelanti. Bryan Freedman lo ha detto ai nostri colleghi di Deadline “la verità sconvolgerà coloro che si sono innamorati della narrazione manipolativa e ingannevole di Blake Lively.” La vicenda prende un’altra piega da quando New York Times è stato attaccato anche chi aveva pubblicato un articolo sulle accuse di Blake Lively. In effetti, il 31 dicembre è stata presentata una denuncia contro i media.
La rivista americana People specifica che Justin Baldoni e “un gruppo di altri nove querelanti, inclusa la sua società di produzione Wayfarer Studios, partner commerciali e un team di pubbliche relazioni” attacca il giornale per “diffamazione, violazione della privacy con false informazioni, frode sulle promesse e sui contratti impliciti”. I querelanti chiedono un risarcimento della modica somma di 250 milioni di dollari. Nel corso di un precedente intervento, l’avvocato dell’attore aveva puntato il dito contro Leslie Sloane, la pubblicista ingaggiata da Blake Lively, accusandola di essere responsabile di “Diffamazione di Giustino Baldoni” e per essere responsabile della pubblicazione di articoli contro l’attore “in associazione con i media”.
Risponde il New York Times
Bryan Freedman, citato dai media People, se ne è pentito “Il New York Times si è piegato ai desideri e ai capricci delle intoccabili élite di Hollywood”. Afferma inoltre che Justin Baldoni è attualmente vittima di “Viziosa campagna diffamatoria interamente orchestrata da Blake Lively e dal suo team”. Da parte sua, il New York Times ha scelto di rompere il silenzio attraverso una dichiarazione del suo portavoce. “Il nostro articolo si basa sulla revisione di migliaia di pagine di documenti originali, compresi sms ed email che citiamo accuratamente e dettagliatamente nell’articolo. Ad oggi Wayfarer Studios, il Sig. Baldoni, gli altri” Persone interessate dall’articolo e i loro rappresentanti non hanno segnalato un solo errore”, si legge. Continua…