Esperienza da vampiro
Tra il nucleo familiare (La strega), l'amicizia di due anime isolate (Il Faro) e un albero dei re usato come simbolo di una genealogia in cerca di vendetta (Il normanno), Il cinema di Robert Eggers è costruito sulla nozione di trasmissione. Quello che spesso abbiamo ridotto al suo impatto nella rinascita dell'horror popolare, ritorna infatti all'origine delle nostre paure e delle nostre superstizioni, ma esamina soprattutto la trasmissione di queste paure e le loro mutazioni attraverso il contatto con i vari ambienti sociali e dei loro membri. .
Vederlo rifatto così Nosferatu il vampiro, capolavoro seminale dello stesso Murnau derivato dal Dracula di Bram Stoker, è stato evidente sin dai suoi primi annunci. Nonostante i numerosi problemi legali che segnarono l’incubo gotico del 1922, l’estetica dell’espressionismo tedesco e le ansie dell’Europa tra le due guerre fecero di questa visione del vampiro una propria entità, affascinata persino dalla paura della contaminazione sociale (la peste).
L'immagine cult di quest'ombra con le dita biforcute che apre una porta presupponeva un collegamento, quello di una minaccia lontana e antica che veniva a diffondersi nelle nostre città moderne, e in particolare nell'intimità di una casa in preda al vizio e alla bestialità. Eggers si affretta a sottolineare questo collegamento cinematografico e inizia addirittura la sua versione con un'inquadratura sontuosa, in cui la sagoma spettrale del conte Orlok si materializza dietro una tenda bianca. Si dice la messa: IL Nosferatu di 2024 sarà per il suo autore la sintesi di un'ossessione per l'evoluzione di miti orribili.
Ci piace anche vedere il cineasta sviluppare maniacalmente l'ambientazione di questa Germania del 1838, le cui strade buie e sbiadite mostrano già questa facciata di modernità, nascondendo dietro il suo puritanesimo i suoi indicibili desideri. La raffinata fotografia di Jarin Blaschke (fedele collaboratore di Eggers, che curò tutti i suoi film) colpisce subito per il suo gioco con le brevi focali, con i suoi chiaroscuri e la sua gestione del buio, che rendono l'insieme questo piacere per gli occhi gotico che stavamo aspettando.
Tuttavia, Nosferatu all'inizio potrebbe deluderea causa di una prima parte transilvana che non reinventa la ruota. Inamidato dall'eredità di Murnau, dal remake di Werner Herzog e dalle molteplici versioni di Dracula (pensiamo tanto a Tod Browning quanto a certi effetti stilistici di Coppola), l'intero brano nel castello del conte sembra costretto a dispiegare il suo programma con i suoi referenti nello specchietto retrovisore. Eggers ne trae una certa austerità, che si sposa perfettamente con l'essenza dell'influenza del giovane borghese Thomas Hutter (Nicholas Hoult, ideale come falso ingenuo), preso nelle grinfie del vampiro desiderante sua moglie, Ellen.
Tuttavia, non è per mancanza cercare l'originalità dal conte stesso. Al di là di una rivelazione progressiva particolarmente godibile, Bill Skarsgård evolve in un flusso serrato nel corso del film, assumendo l'eredità grottesca di Max Schreck, spinto ai suoi limiti da un accento carpatico da tagliare con un coltello e una caratteristica fisica che non rovineremo. Nosferatu potrebbe cadere nel ridicolo, ma Eggers riesce ancora una volta, attraverso il suo primo grado totale, a riportare la figura del vampiro alle sue origini, e ad una terrificante alterità.
Configurato come un Orlok
Tuttavia, il regista non lo nasconde il suo approccio sboccia con l'arrivo di Orlok nella città immaginaria di Wisborgseguito dal ritorno di Tommaso. Il regista si permette perfino di sorvolare sul famoso viaggio per mare del vampiro, come per evitare il paragone con le immagini vistose di Murnau, o il modo per alcuni di aver fatto una storia a sé stante (la serie Dracula dalla BBC, il recente L'ultimo viaggio di Demetra).
Ciò che gli interessa, come il suo mostro, è Ellen, per la quale Lily-Rose Depp dà assolutamente tutto, ancora una volta sull'orlo del troppo con convulsioni extra. Come suggerisce la storia, lei è il cavallo di Troia di Robert Eggers, che inizialmente filma come una donna in lutto per renderla l'epicentro attivo della narrazione. Con lei si risveglia tutta una sessualità sepolta e repressa, che trabocca dal suo corpo posseduto, ma anche da queste stanze borghesi che rivelano gli impulsi insoddisfatti di ogni persona. Il film dà il meglio di sé quando investe questo mondo domestico, sempre sul punto di frantumarsi.
Ma soprattutto bugie, implicitamente, questa eterna incomprensione del maschile nei confronti di questo femminile sensibile. Dalla strega di La stregasiamo passati a “malinconico” o “isterico”, termini dettati dal progresso scientifico la cui razionalità rifiuta di vedere i suoi pregiudizi patriarcali. Il maltrattamento del corpo di Ellen da parte di chi afferma di volerla salvare fa emergere tutta l'ipocrisia dei suoi personaggi e tutta la loro violenza.
È anche per questo che il film trova un ponte in Willem Dafoe, evidentemente in sintonia con la follia del film, nel ruolo di questo anticonformista Van Helsing, rifiutato per le sue ricerche sull'occulto. Pur mantenendo un piede in questo tetro futuro, non dimentica mai questa spiritualità in via di estinzione.
Robert Eggers ha spesso espresso il suo disprezzo per il mondo moderno, che ha portato a questa svalutazione dei nostri antichi miti e paure. Ciò non significa, però, che sia così Nosferatu non è moderno. Dopotutto, presentando la sua visione attraverso lo stupro di Ellen da parte di Orlok, l'influenza del mostro è più che mai al centro dell'equazione. Per liberarsene, “mettere in risalto” il vampiro e le sue azioni assume un valore tutto nuovo. Dimostra che, nonostante la sua carne in decomposizione e inquietante, l'orribile figura non è invecchiata per niente.