L’universo del “Signore degli Anelli” diventerebbe acido come quello di “Star Wars”? Possiamo temerlo, poiché le versioni escono su schermi piccoli e grandi. Su Prime Video, la serie “Rings of Power” – anche se migliorata con la stagione 2 – è completamente superflua; previsto per il cinema, “Caccia a Gollum”, sequel della trilogia di Peter Jackson, fa già temere un eccessivo fan service; finalmente, questo mercoledì, esce nelle sale “La Guerra dei Rohirrim”, una sorta di spin-off… dell’animazione giapponese.
Immaginiamo che siamo stati felicissimi di scoprire questo lungometraggio, perché, sulla carta, rappresentava una vera sfida che avrebbe potuto dare nuova vita (sullo schermo) all’opera di JRR Tolkien. Come regista, Kenji Kamiyama è autore di due film d’animazione che hanno ricevuto un’ottima accoglienza, “Blade Runner: Black Lotus” e “Ghost in the Shell: SAC”. Per quanto riguarda la storia, non ricalca né quella dell’Anello né quella di Sauron.
Ambientato 183 anni prima de “Il Signore degli Anelli”, esplora quello di Helm Hammerfist, re di Rohan, le cui imprese sono raccontate nelle appendici del libro. È quindi nell’atmosfera delle “Due Torri” che ci porta “La Guerra dei Rohirrim”. Con l’emergere di un’eroina, Era, figlia di Helm, che guiderà la resistenza contro Wulf, un signore vendicativo e crudele.
I set di “Deux Tours”
Fin dall’inizio del film, tutto è fatto per non disorientare i primi fan. La musica di Howard Shore, ma in una versione rielaborata, risuona su immagini di montagne innevate e pianure erbose mentre una voce femminile racconta l’inizio della storia. Potrebbe essere Galadriel ma è un altro personaggio conosciuto della Terra di Mezzo: Éowyn (Miranda Otto). Poi riconosciamo gli edifici di Rohan, il palazzo, le ambientazioni delle “Due Torri”, appunto. E per una buona ragione: quasi tutti sono stati convertiti in 3D. Non c’è niente di audace o di originale in questo. E ne è valsa la pena realizzare l’animazione, se si tratta di riciclare.
Siamo più convinti dal concetto di personaggi 2D. Anche se la gallery dei protagonisti in armatura e con vari tagli e colori di capelli ricorda un po’ i guerrieri di Asgard ne “I Cavalieri dello Zodiaco”. Le battaglie deludono: qualche decina di soldati e tre Mûmakil si scontrano nella prima parte, mentre un combattimento corpo a corpo costituisce il momento più forte della seconda, senza essere epico.
Piccola emozione
Infine, la vera eroina de “La Guerra dei Rohirrim”, Hera, ricorda fin troppo Éowyn, con suo padre, Re Helm, che non vuole lasciarla combattere – conosciamo le imprese che compirà in Tolkien. Perché non rinnovare la storia? Soprattutto perché quello offerto qui porta così poche emozioni. L’epilogo chiarisce il punto con strizzatine d’occhio che non rendono merito né allo scrittore britannico né a Peter Jackson.
E pensare che quest’ultimo è il produttore esecutivo di questo spin-off, proprio come Fran Walsh, e Philippa Boyens, altro grande nome dell’avventura de “Il Signore degli Anelli” venticinque anni fa, ha partecipato alla stesura della sceneggiatura. Forse Kenji Kamiyama avrebbe dovuto avere carta bianca, supportato da un team giapponese, per mostrarci un film d’animazione come il paese di Miyazaki sa fare così bene e riuscire a portare un vento nuovo sulla Terra di Mezzo.