Restituire significato alla nostra vita con la filosofia. Questo è il mantra di Marie Robert, insegnante e fondatrice di quattro scuole in Francia, creatrice di podcast, autrice di successo (ndr: Il viaggio di Penelope; Cartesio per i giorni del dubbio; Kant, non sai più cosa fare, resta la filosofia), e che alimenta l’account Instagram Philosophyissexy, seguito da più di 200.000 persone. Da nove anni la professoressa di filosofia pubblica ogni giorno un pensiero che condivide con chi vuole alimentare la riflessione e lo scambio. Nel suo nuovo libro, Il miracolo della comodità (Ed. Flammarion/Versilio), esplora ulteriormente il suo desiderio di creare una connessione.
FEMINA Scrivi che, da quando ricordi, hai sempre desiderato essere una filosofa della comodità. Da dove viene questo?
Maria Roberto Sono sempre stato convinto che ciò che ci caratterizza come esseri umani è che tutti abbiamo un dolore da raccontare. È forse ciò che ci unisce di più, qualunque sia la nostra cultura, la nostra età, la nostra origine. A diversi livelli, ovviamente. La filosofia ha pretese di universalità e ciò che era universale per me era il dolore. Fin da piccola la mia sensibilità mi ha sempre spinto ad avere tenerezza per i miei dolori e per quelli degli altri.
La comodità è un bisogno universale ed essenziale?
In ogni caso è essenziale. E antropologico. Si dice che l’idea di civiltà venga creata sulla base della ritualizzazione del dolore e della perdita. Uno dei primi gesti di civiltà è seppellire i propri cari. Quindi indirettamente, di fronte a questa perdita, c’è il conforto che ne consegue. Il gesto dell’essere tenuti tra le braccia, l’abbraccio che ci permette di riconnetterci attraverso corpo e mente, lo ritroviamo in tutte le culture e in tutte le epoche.
Non sappiamo più dove trovarlo?
Credo comunque che abbiamo perso di vista quanto fosse importante. Siamo stati così presi dalla separazione gli uni dagli altri dopo la crisi sanitaria dovuta al Covid, a sua volta seguita da molteplici crisi economiche e geopolitiche, che abbiamo perso l’idea di base. Ciò di cui abbiamo bisogno come esseri umani non è il combattimento, l’opposizione, ma è il bisogno viscerale di trovare il coraggio di andare avanti, questo conforto. Qualunque sia l’età. Lavoro sia con bambini che con amministratori delegati e vedo quanto sia profondo questo bisogno.
Dici che questo libro è un trampolino di lancio per riaccendere le nostre gioie, osservando ciò che, intorno a noi, vale ancora la pena. Non è questo sempre più difficile da fare visti gli eventi attuali?
Per questo trovo sempre più urgente farlo. Siamo assaliti dall’ansia, da un modello generalizzato di preoccupazione. Ho scritto questo libro tra il 7 ottobre, gli attentati in Israele e le elezioni legislative in Francia dello scorso luglio. Stranamente, ho scoperto che era diventato urgente occuparsi del comfort. Mi sono detto che se avessi ascoltato le notizie, avrei voluto solo fermarmi lì e immergermi nell’individualismo totale. Dovremo continuare, per trovare una soluzione collettiva, affinché le persone che hanno questo desiderio di dolcezza, di conforto, facciano sentire la propria voce.
Altrimenti cosa resterà oltre alla violenza, all’eccesso, all’amarezza? A livello intimo l’argomento mi è piaciuto, e quasi anche a livello politico, perché come fondatore di scuole, voglio dire ai bambini che vale la pena andare avanti. Il tema del comfort non è aneddotico.
Stai pensando ad una semplice pausa confortante o è più profonda?
Siamo a un punto di svolta quasi di civiltà. O stiamo andando verso una maggiore barbarie. O prendiamo l’altra strada. Non si tratta di mettersi sotto una coperta e bere il tè nascondendo la testa sotto la sabbia. Restituire potere alla dolcezza e al comfort è un bisogno viscerale.
Nei nove capitoli in cui spieghi ciò che può essere confortante, parli di amore e meraviglia, ma anche di audacia e impegno. Per quello?
Esistono davvero variazioni di comfort. Si va da “Vedo una margherita in un campo e mi fermo” a “Sono un attivista per il clima, sto cambiando radicalmente il mio stile di vita e porto le persone con me”. Quando siamo capaci di impegnarci in qualcosa che è importante per noi, ci sentiamo così pieni di forza.
Come può la filosofia quotidiana, così come la proponi, restituire significato?
La filosofia spesso sembra una materia un po’ polverosa ed elitaria. In Francia è un argomento molto maschile. In questo libro, su Instagram o nei miei podcast, ho voluto dimostrare che ci sono altri modi per farlo. È un invito a pensare, a fermarsi, a sezionare la vita di tutti i giorni in modo un po’ diverso. La cosa più affascinante è vedere come le persone lo fanno proprio.
C’è spazio per. Questo è ciò che voglio mostrare attraverso il mio lavoro. Sto solo permettendo che questa porta venga aperta. Vediamo quanto le persone abbiano bisogno di essere connesse, di pensare, di avere tempo meno strutturato per pensare invece di essere in performance o affogare nell’ansia. Siamo capaci di tutto questo.
Da leggere: “Il miracolo della comodità”, Marie Robert (Ed. Flammarion/Versilio)
Ti è piaciuto questo contenuto? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere tutti i nostri nuovi articoli!