Per la sua edizione 2025, il festival We Love Green ha come protagonista la cantante pop punk britannica Charli XCX, che incarna la generazione dei “mocciosi”, per un’unica data in Francia, hanno annunciato lunedì 18 novembre gli organizzatori.
La giovane donna lo è “simbolo stesso di una generazione mocciosa che ci rende assetati di libertà e iper-creatività”, evidenzia in un comunicato il festival, che si svolgerà al Bois de Vincennes di Parigi, dal 6 all’8 giugno.
“È completamente lo specchio di un’epoca, ha catalizzato tutto, l’ha digerito e ne ha fatto una forza. Con la sua derisione, dà coraggio (a una generazione)”
Marie Sabot, regista di We Love Green.
La cantante 32enne, con sette nomination ai prossimi American Grammy Awards di inizio febbraio, si esibirà per un unico concerto in Francia, sabato 7 giugno.
Con il suo album verde neon marmocchio, uscito a giugno, ha attualizzato la parola “brat” – “dirty kid” in inglese e fino ad allora piuttosto peggiorativa – per farne un inno alle feste caotiche, incorporando al tempo stesso le domande di una generazione e un invito all’accettazione di sé .
“Estate mocciosa si è affermato come un’estetica e uno stile di vita”, ha stimato il dizionario britannico Collins, che all’inizio di novembre ha incoronato “monello” la parola dell’anno.
Il festival ha annunciato anche altri talenti: i pesi massimi del rap francese SDM, il gruppo indie pop australiano Parcels, gli americani di Magdalena Bay, il duo elettro-pop Air, l’artista elettronico Kavinsky e la cantante francese Yseult, la cantante francese più ascoltata artista di lingua internazionale. Questi ultimi tre nomi si sono distinti anche durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Parigi.
Questi annunci hanno creato una corsa improvvisa al sito del festival lunedì 18 novembre, mettendo per breve tempo fuori servizio la biglietteria. L’anno scorso We Love Green ha avuto un’edizione da record con quasi 110.000 spettatori, venuti soprattutto per ascoltare SZA e Justice.
“Ci sono molte persone che non sono simili e che, ad un certo punto, condividono la stessa energia”sottolinea Marie Sabot ne è convinta “I festival stanno diventando un po’ come gli ultimi luoghi della diversità”.