Rapper, compositore e musicista, Gaël Faye è diventato famoso soprattutto per il suo primo romanzo, Piccolo paese (Grasset), che ha vinto numerosi premi nel 2016, tra cui il Goncourt des lycéens, ed è stato adattato per il cinema. Ha raccontato il terribile genocidio dei tutsi in Ruanda, da dove proveniva sua madre. Per il suo secondo romanzo, Jacaranda (Grasset, 288 pagine, 20,90 euro), All’età di 42 anni ha appena ricevuto il premio Renaudot 2024.
Non sarei arrivato qui se…
…Se non fossi andato a vedere il teatro, alla vigilia del mio diploma di maturità, nel giugno del 2000, lo spettacolo Ruanda 94. Il mio migliore amico, che non è ruandese, mi aveva offerto un posto, ed entrambi abbiamo preso il treno per Lille per vedere questo spettacolo di una compagnia belga, Groupov. È durato sei ore, ma è stato come se avesse dissipato la nebbia che era sempre esistita nella mia vita.
Come può un’opera teatrale provocare una tale esplosione?
Mi ha permesso di dare voce al silenzio che regnava nella mia famiglia. Ho lasciato il Burundi nel 1995, all’età di 13 anni, per arrivare in Francia con mia madre, che viveva a Versailles, e non avevamo mai potuto parlare di questo passato dove le parole “conflitti”, “genocidio”, “massacro” erano confusamente intrecciati. Né la guerra che io e mia sorella avevamo vissuto. Fino ad allora avevo fatto domande e non avevo ricevuto risposte. Questa commedia mi colpì così tanto che dovetti rivederla cinque o sei volte portando con me gli amici.
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Cosa diceva questo spettacolo?
Il pezzo è iniziato con la testimonianza di un sopravvissuto. Su un palco vuoto, una donna si sedette su una sedia e, rivolgendosi alla stanza, raccontò la sua storia, come i suoi figli furono uccisi durante il genocidio. È stato incredibilmente intenso, che mi ha permesso di misurare questo evento, di capire che un genocidio è innanzitutto ancorato a un’ideologia. Che questo genocidio non è stato il risultato di conflitti secolari tra Hutu e Tutsi. Né si basava su una differenza fisica, come mi era sempre stato detto, tra i Tutsi, presunti alti e magri, e gli Hutu, presunti bassi e tozzi.
Come una conferenza, questo pezzo ha mostrato come il razzismo biologico europeo del XIX secoloe secolo ha imposto una griglia di lettura razziale alla società ruandese, accompagnata da misurazioni antropometriche per misurare i nasi e classificare i ruandesi. Come Hutu e Tutsi, che erano gruppi sociali, furono trasformati in categorie razziali. Come la carta d’identità etnica arrivò nella società ruandese nel 1931, e a quel tempo fissò il modo in cui i ruandesi guardavano se stessi. All’improvviso ho capito la storia di mia madre…
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