un documentario da ascoltare e comprendere – Saluti protestanti

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Uno dei punti di forza di un documentario è quello di sapersi concentrare su argomenti poco conosciuti, a volte anche del tutto sconosciuti al grande pubblico, per prendersi talvolta il tempo di approfondire e consegnare un’opera che contribuisca a una conoscenza più ampia della storia del ‘una società.

Un contadino iracheno riceve un ospite inaspettato. È un ospite che deve nascondere alla sua famiglia, ai suoi amici e a 150.000 soldati americani. Questo ospite è il presidente Saddam Hussein.

Le immagini di Saddam Hussein che striscia fuori da un buco nel terreno nel 2003 rimangono iconiche. 20 anni dopo, l’uomo che scavò proprio questa buca racconta la fantastica storia di come lui, un semplice contadino di 32 anni, nascose per otto mesi il presidente deposto sotto un’aiuola nel suo giardino.

Il dittatore iracheno visto da un’altra angolazione

Nato a Sulaymaniyah, Kurdistan, nel nord dell’Iraq nel 1985, Halkawt Mustafa si è trasferito in Norvegia con la famiglia nel 2000 a causa dell’attivismo politico del padre contro Saddam Hussein e gli ex partiti curdi. Ha studiato lì ed è diventato un regista. Il suo terzo film, Nascondendo Saddam Hussein, riesce a far luce sul dittatore iracheno, da una prospettiva molto diversa, documentando le parole di Alaa Namiq, oggi 50enne, che nascose Saddam per 235 giorni prima che gli americani lo trovassero e lo salvassero giustiziato tre anni dopo. Halkawt Mustafa ha convinto Namiq a raccontare la sua storia per la prima volta in questo avvincente documentario, la cui realizzazione ha richiesto dieci anni ed è stato avvolto da una tale segretezza che persino la troupe non conosceva il vero soggetto del film che stava girando. “L’ospitalità tra noi è sacra. Quando un ospite arriva a casa tua, non gli chiedi quanto tempo intende restare. Soprattutto se l’ospite è Saddam”, dice l’uomo alla telecamera.

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In termini di forma, va notato che Halkawt Mustafa consegna un oggetto abbastanza unico in cui l’essenziale viene raccontato davanti alla telecamera, nella massima sobrietà, senza amplificare o cancellare l’emozione del momento. Che si tratti di evidenziare l’angoscia che ha accompagnato tutta questa impresa o di come il suo rapporto con Saddam si sia poi trasformato in una forma di amicizia, sia che abbia scherzato o pianto, Namiq è il polmone che fa respirare il film dall’inizio alla fine, da solo. Appare come un uomo onesto ed esitante, orgoglioso e vergognoso delle sue azioni. Seduto a gambe incrociate, parlando direttamente alla telecamera ma spesso nascondendo il viso tra le mani, sta chiaramente cercando di conciliare i suoi sentimenti nell’assistere l’uomo che chiama ancora il suo “padrone” e l’ovvia condanna del resto mondo. (Namiq ha trascorso sette mesi nel famigerato centro di Abu Ghraib per le sue azioni, prima di essere rilasciato senza accusa).

Un punteggio sobrio

A parte la sua “performance”, il resto degli elementi cinematografici funzionano molto bene. I ricordi di Namiq sono illustrati da ricostruzioni brevi e sensibili di momenti chiave, e Mustafa resiste alla tentazione di drammatizzare eccessivamente queste sequenze. La voce fuori campo di Namiq racconta gli eventi mentre si svolgono e l’azione corrisponde al suo tono misurato; lo stesso vale per il punteggio sobrio. I filmati d’archivio sono ben scelti e mostrano entrambi i lati del conflitto; alcuni rimangono difficili da osservare e aiutano a spiegare perché, nonostante una ricompensa di 25 milioni di dollari, Namiq abbia ritenuto essenziale proteggere il suo presidente, a costo di un potenziale grande sacrificio personale. Infine, grazie alla qualità della cinematografia di Kjell Vassdal e Anders Hereid, e in particolare alle numerose riprese con droni della regione, il documentario ha anche un elemento molto attraente che si concentra esclusivamente sulla bellezza e offre un gradito sollievo rispetto al dura realtà dei fatti raccontati.

Hiding Saddam Hussein è un ottimo film che riesce ad andare oltre i limiti del documentario, in particolare grazie all’autenticità del suo “protagonista”, pur conservando la quintessenza informativa del mezzo. Questo rapporto tra questi due uomini che si evolverà, prendendo a volte strane svolte, è affascinante e ci permette di interrogare i rapporti umani attraverso una storia vera.

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