La serie “True Crime” si infiltra nella giustizia – Libération

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Storie vere

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Serie e documentari tratti da storie vere stanno riscuotendo un successo crescente sulle piattaforme streaming. Un tuffo in un mondo in cui le produzioni sono più avanti della giustizia, a rischio di creare confusione attorno a vittime e imputati che sono comunque molto reali.

La sera del 20 agosto 1989, in una villa a Beverly Hills, Los Angeles, i fratelli Menendez, Lyle, 21 anni, ed Erik, 18 anni, spararono al padre con un fucile da caccia, poi puntarono l'arma alla madre, prima di andare a vedere Batman al cinema. Sedici colpi, due genitori uccisi e milioni di americani affascinati dal caso, serializzato sull'ultimo brivido della TV via cavo – Court TV -, è diventato l'argomento di libri, documentari, una serie della NBC (Law & Order True Crime: gli omicidi di Menendez) e, oggi, una serie Netflix. Il regista Ryan Murphy riapre il caso in La storia di Lyle ed Erik Menendez, seconda opera di un'antologia chiamata mostri che uscirà il 19 settembre su Netflix. Riprende la difesa dei due uomini, condannati all'ergastolo per il duplice omicidio premeditato: secondo loro, sarebbero stati vittime di violenza sessuale e psicologica da parte dei genitori e avrebbero agito per legittima difesa, una versione che non aveva convinto molto i giurati… Trentacinque anni dopo i fatti, i fratelli Menendez sperano ancora in un ritorno alla libertà.

E vero crimine – un tipo di storia adattata da casi reali

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