La critica è unanime e il pubblico l’ha seguita. Ventimila persone hanno già visto il film in Belgio, una cifra impressionante, soprattutto in un documentario. A questo raro successo commerciale si aggiungono numerosi premi ai festival e riconoscimenti internazionali, grazie alla sua nomina tra i migliori documentari ritenuti dall’Accademia degli Oscar. Il verdetto è atteso con ansia per il 2 marzo, ma la scommessa del regista belga è già a mani basse.
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Da 30 anni, il lavoro di Johan Grimonprez mira a rintracciare i versanti nascosti della storia, quelli che l’artista e videografo ha sbloccato ricercando fondi d’archivio e video domestici. Un lavoro che gli ha permesso di dimostrare come le immagini vengano utilizzate per distogliere la nostra attenzione dai problemi reali e costruire una storia al servizio della causa di una certa élite. Come ha fatto dentro Comporre la STORIApresentato alla mostra d’arte contemporanea documentario nel 1997. Nel 2016, il suo lavoro ha preso una svolta ancora più militante con Il mondo ombra: all’interno del commercio globale di armivibrante appello contro il commercio internazionale di armi che “minaccia corrotta la democrazia in tutto il mondo”.
Questo metodo, pazientemente sviluppato nel corso degli anni, ha costruito la sua fama e gli ha dato accesso agli archivi di Nikita Khrushchev – ex capo del governo dell’URSS – e dell’attivista politica Andrée Blouin, ma anche ai film per famiglie dell’Autore a Koli Jean Bofane, bambino del Congo appena indipendente. Questo tesoro d’archivio gli ha permesso di mostrare quanti artisti americani, tra cui Louis Armstrong, sono stati utilizzati come coperture per le missioni effettuate dallo Zio Sam e dalle Nazioni Unite in Africa e Congo insieme al Belgio. Manovre che portarono all’assassinio del primo ministro del Congo appena indipendente, Patrice Lumumba.
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Nascondendo le sue preoccupazioni sotto un’aria falsamente flemmatica, il nativo dei rulli, 63 anni, ha detto di essere consapevole del “La strada è ancora lunga” Perché si faccia luce sulla dolorosa storia comune del Belgio e del Congo. Pur dicendosi felice di averlo fatto “La sua parte di lavoro”. Resta da vedere se vincerà sotto il sole della California.
NB: Le opere del videografo fanno parte delle collezioni del Centre Pompidou, del Museo di Arte Contemporanea del 21° secolo di Kanazawa e della Tate Modern di Londra.