La prima edizione della Settimana della Critica di Montreal si apre lunedì con la proiezione non di uno, ma di tre Film. I co-direttori dell’evento, affiliati alla rivista digitale Panorama-cinemaglielo aveva spiegato Dovere l’estate scorsa, in concomitanza con l’annuncio della nascita del festival: vogliono favorire il dialogo tra le opere proponendo programmi doppi o tripli, invitando il pubblico a lunghi dibattiti dopo le proiezioni.
Possiamo quindi scoprire le proposte che quest’anno hanno segnato il circuito dei festival, come le attesissime Un linguaggio universale, di Matthew Rankin, che ha ricevuto il Premio del Pubblico alla Quinzaine des Filmmakers dell’ultimo Festival di Cannes, oltre a decisamente UFO Fai da te (Fai da te), sia canadese che internazionale.
Una produzione della NFB, Un uomo immaginatodei quebecchesi Brian M. Cassidy e Melanie Shatzky, appartiene alla prima categoria, sebbene adotti una forma sperimentale che rivela una presunta economia di mezzi. Questa docufiction, che appare nel programma di lunedì, è apparsa per la prima volta al prestigioso Rotterdam International Film Festival nel gennaio 2024.
Il film segue essenzialmente una persona: l’eccentrico Lloyd, 67 anni. Affetto da schizofrenia, vive per le strade di Montreal e sopravvive vendendo ai passanti gli oggetti raccolti lungo la strada. Lo vediamo passeggiare lungo Rue Notre-Dame, Plaza Saint-Hubert e persino Chinatown, in tutte le stagioni.
Candida leggerezza
Nelle sue interazioni con coloro che incontrano il suo sguardo, così come durante le scene più intime in cui si confida con la telecamera, una profonda solitudine sembra sempre abitarlo. Ciononostante i filmmaker infondeno una sincera leggerezza nel modo in cui trattano la vita quotidiana, estremamente dura, del vecchio saggio. Non solo riescono a guadagnarsi la sua fiducia adottando un approccio benevolo, in cui Lloyd partecipa alla creazione, ma la loro messa in scena riflette anche un’incredibile, quasi sovversiva tenerezza nei suoi confronti.
“Abbiamo girato in luoghi di Montreal facilmente riconoscibili, ma, allo stesso tempo, la vita quotidiana di Lloyd avrebbe potuto essere trasposta in qualsiasi altra città del Nord America”, afferma Brian M. Cassidy, in inglese. Tuttavia, sebbene la precarietà e l’esclusione sociale siano sempre più evidenti nel discorso mediatico, la coppia non ha voluto realizzare un film “sul tema dei senzatetto”, precisa il regista.
“Il nostro obiettivo era piuttosto quello di dare voce alle persone che vivono per strada e di mettere in immagini il loro rapporto con il mondo – perché no, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro realtà”, continua Melanie Shatzky.
L’approccio dei realizzatori si è poi concretizzato nel loro incontro con Lloyd. “Abbiamo fatto volontariato in un rifugio, soprattutto per trovare partecipanti al film”, aggiunge il regista. È lì che lo abbiamo incontrato. Aveva una sorta di aura trascendente e sembrava incuriosito dalla nostra macchina fotografica. Abbiamo subito capito che anche lui era un po’ un artista, che aveva una personalità molto accattivante. Dovevamo concentrarci su di lui. »
“Realtà aumentata”
Il loro linguaggio visivo si è adattato durante le riprese, durate più di due anni. “Lloyd ci parlava spesso della sua vecchia vita in campagna. Ricordava animali, campi o ruscelli, spiega Melanie Shatzky. Ha anche la capacità di ignorare il mondo che lo circonda, di creare il proprio universo. Ad esempio, può raccogliere oggetti dalle strade semplicemente perché hanno qualità estetiche che lo interessano. Abbiamo quindi integrato sequenze più astratte, che dimostrano la sua sensibilità o che evocano le sue visioni. »
Brian M. Cassidy concepisce la loro messa in scena come una “realtà aumentata”, con l’obiettivo di riecheggiare “l’esperienza vissuta dell’ipersensibilità”. “Non pretendiamo di mostrare come una persona schizofrenica percepisce il mondo”, dice. Ci siamo ispirati soprattutto al rapporto di Lloyd con i colori per filmare elementi della natura, come i fiori di ciliegio o un cielo azzurro intenso, con l’obiettivo di amplificare l’aspetto onirico di certe scene. »
I cineasti, che per più di un decennio hanno prodotto insieme ritratti sensibili di individui che vivono ai margini della società, offrono ancora una volta un lavoro ibrido ispirato, mescolando sapientemente finzione e documentario. “Alla maniera dei neorealisti italiani, abbiamo improvvisato sul campo, con passanti veri, ma con Lloyd abbiamo ricreato allegramente la nostra realtà. È stato, dall’inizio alla fine, un processo co-creativo. »
An Imagined Man viene presentato lunedì, in anteprima in Quebec, alla Settimana della Critica di Montreal. Il film verrà successivamente presentato nelle sale e in video on demand, sulla piattaforma del National Film Board of Canada.