un « #MeToo senza #MeToo »

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CHistophe Ruggia non è un uomo facile da difendere. Sul banco dei testimoni, in un giorno e mezzo di udienza, il direttore ha fatto solo commenti confusi, inappropriati, a volte addirittura spiacevoli. Ha dato spiegazioni di cui non abbiamo capito molto, sembrava ritenere responsabile quasi di tutto l’attrice Adèle Haenel, a partire dalle riprese stesse di diavoli alla sua “sensualità traboccante” – e si è liberato da ogni coinvolgimento.

Christophe Ruggia non è un uomo facile da difendere, e in qualche modo comprendiamo i movimenti di esasperazione della presunta vittima. Martedì pomeriggio, alla domanda sul sentimento di “vergogna” espresso da Adèle Haenel nei confronti del film, ha risposto che, prima delle riprese, le aveva suggerito di cambiare nome. La giovane donna salta dalla sedia e grida: “Stai zitto!” », esce a lunghi passi dalla stanza. L’avremo vista fiammeggiante durante tutto il processo, a volte sopraffatta da tic nervosi, a volte combattiva e fragile. Lo avremo visto, grasso e curvo sul sedile pieghevole, senza degnarla di uno sguardo.

Il “lato difficile” della questione

«Di lei, signor Ruggia, abbiamo solo parole, fiumi di parole per soffocare l’imbarazzo, il lato appiccicoso di tutto quello che è successo», attacca il signor.e Anouck Michelin, avvocato dell’attrice. Tutto ciò che ricorderò di te è l’impressione della sporcizia che hai lasciato dietro di te. Non l’hai scoperto, Adèle. Era lì prima di te, brilla già quando Christel Baras [directri […] Per saperne di più

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