François Truffaut, a schermo intero 40 anni dopo la sua morte: Notizie

François Truffaut, a schermo intero 40 anni dopo la sua morte: Notizie
François Truffaut, a schermo intero 40 anni dopo la sua morte: Notizie
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Per il 40° anniversario della sua morte, la televisione rende omaggio a François Truffaut, figura della New Wave, con classici come “I quattrocento colpi” e un nuovo e commovente documentario.

“François Truffaut, lo scenario della mia vita” è stato presentato a maggio al 77° Festival di Cannes nella sezione Cannes Classics, sezione creata vent’anni fa e incentrata su stampe e documentari restaurati.

Questo film di 1h37 sarà trasmesso venerdì su 5. Parliamo dei padri. Il padre biologico che il cineasta cercava, il padre spirituale, André Bazin, pilastro dei Cahiers du Cinéma, e il padre che lui stesso è diventato.

La produzione è di David Teboul, autore di documentari su Brigitte Bardot e Sigmund Freud, affiancato in questo progetto da Serge Toubiana, critico cinematografico e biografo di Truffaut. Fu proprio quest’ultimo a presentarlo alla famiglia Truffaut e a permettere al documentarista di accedere alla sua materia prima.

Pochi mesi dopo la sua morte (21 ottobre 1984, all’età di 52 anni, a seguito di un tumore al cervello), il regista ha voluto confidarsi con il suo amico d’infanzia, Claude de Givray, per approfondire la sua tormentata storia familiare. Ma non ci sarà tempo per completare questo lavoro autobiografico.

Ciò trova qui la sua conclusione con “François Truffaut, lo scenario della mia vita”, ricco di corrispondenza – letta da attori e attrici come Isabelle Huppert o Pascal Greggory -, interviste a Truffaut e documenti inediti.

Il film è particolarmente toccante attraverso gli scambi epistolari violenti tra François Truffaut, sua madre e l’uomo che lo ha cresciuto, ma non è suo padre. Ciò che il futuro cineasta ha scoperto, da adolescente, per caso, quando si è imbattuto nel suo certificato di nascita: “Nato da padre sconosciuto”.

– Ustioni adolescenziali –

L’autore di “Jules e Jim” scrive così al suo “padre legale” di non essere stato “maltrattato” ma “non trattato”. E ricordare le ustioni dell’adolescenza, come quando i suoi genitori lo lasciarono solo per tre Natali. Oppure quando in sua presenza dicevano “sta arrivando l’estate, cosa facciamo con il bambino?”, per poi andarsene da soli, senza di lui. Scena che traspose su pellicola ne “I Quattrocento Colpi”.

Una volta diventato un regista riconosciuto, François Truffaut assumerà un investigatore privato per cercare il suo padre biologico.

Il regista giungerà alla conclusione che il suo vero padre è ebreo e che la famiglia di sua madre, antisemita, lo ha rifiutato. Il film lascia intendere che la madre di François Truffaut, ricoverata in un centro per ragazze madri, conserverà il risentimento nei confronti del figlio a causa di questo soggiorno.

Il film si conclude con una toccante lettera che Truffaut aveva scritto a due delle sue figlie, dagli Stati Uniti dove si era recato per lavoro (recitò in particolare per Steven Spielberg in “Incontri ravvicinati del terzo tipo”). Missiva piena di calore, tenerezza e umorismo. Tutto il contrario di ciò che aveva conosciuto da bambino.

La messa in onda di questo documentario è seguita venerdì sera su France 5 da “Les quatre cent coups”, il suo colpo da maestro. Ma la settimana-omaggio inizierà lunedì, con la messa in onda su Arte di “Baci rubati”, altro standard di Truffaut, seguita sullo stesso canale da un documentario inedito sul suo attore preferito, “Il cinema di Jean-Pierre Léaud”. e firmato Cyril Leuthy.

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