Abbiamo incontrato il regista nell’estate del 2019, nell’ambito di un rapporto mai concretizzato. Generoso, Serge Giguère ci ha accolto a casa sua, sulle colline Arthabaskian, nel Centre-du-Québec, aprendosi in tutta semplicità, invitandoci anche alla sua tavola. “Ho una zuppa di pesce, ne vuoi un po’?”
Lo scambio durò più di quattro ore, volando in tutte le direzioni. Tra gli argomenti trattati, questo progetto Mauriziosotto forma di un omaggio e di una parola rivolta al suo complice fin dall’inizio, il regista Robert Tremblay. “Una persona marginale, con cui non è facile andare d’accordo, che nessuno conosce!” riassume Serge Giguère per descrivere il suo vecchio amico, scomparso nel 2018.
Trailer del film Maurice, diretto da Serge Giguère. (Les Productions du Rapide-Blanc)
Dal 1980 e per 35 anni, sotto la regia di Tremblay e davanti alla telecamera Giguère, il duo ha seguito il Rocket in ogni tipo di circostanza, alcune più intime altre altre. Un’avventura condotta separatamente dai rispettivi viaggi.
All’inizio del 2018, malato e avvertendo l’imminenza della morte, il regista ha affidato al cameraman scatoloni pieni di pellicola sciolta, circa 25 ore in totale, girate insieme nel corso degli anni. “Sarà un film a quattro mani!” esprime come sue ultime volontà.
Tremblay aveva intrapreso l’assemblaggio, ma Giguère dovrà avviare l’attività da zero. “Era uno studioso, che sapeva tutto di sport, baseball, hockey… A me, la storia del 325esimo gol di Mauricie Richard, poi le statistiche, non mi interessano più di tanto”, espone colui che ha ereditato le preziose bobine.
Giguère è più il tipo che ritrae un personaggio per trovare riflessi del suo tempo e della società che lo ha plasmato. Il cantante Oscar Thiffault, il percussionista Guy Nadon e il geografo Louis-Edmond Hamelin, in particolare, sono tutti eroi più o meno conosciuti che si sono così rivelati giganti attraverso la magia del suo obiettivo.
Così, quando la Rocket incontra l’illustre Aurèle Joliat al centro ghiaccio del Forum, per un giro storico davanti a una folla attonita, Giguère è più interessata alle sequenze girate di nascosto, a margine dell’evento.
In Richard, il regista è commosso dalla dignità dell’uomo del popolo. Eroi, pochissimi per lui, lo capiamo. Tolto dalla sua base, il leggendario numero 9 emergerà non meno ingigantito, poiché le gesta d’armi del giocatore di hockey sono radicate nella nostra psiche collettiva, constatava Serge Giguère nel 2019, con l’opera ancora in fase di progettazione.
“A un certo punto, un editorialista ha scritto che i canadesi francesi amavano così tanto Maurice Richard, che lo guardavano semplicemente pescare… Beh, il resto di noi è andato a pescare con lui, poi lo abbiamo filmato. Sai che vendeva attrezzatura da pesca? Doveva guadagnarsi da vivere, non guadagnava mai più di 50.000 dollari all’anno!”
— Serge Giguère, regista
Al momento del nostro incontro, Serge Giguère aspettava la NFB, incaricata di digitalizzare i chilometri di pellicola in suo possesso. Il regista ha provato a iniziare il montaggio su un vecchio tavolo da 16 mm, nello stile di una volta, ma l’impresa si è rivelata impossibile. In attesa, lesse tutto ciò su cui riuscì a mettere le mani riguardo al Razzo. “Sapevi che William Faulkner ha già scritto un articolo su di lui nel New York Times?»
Il film in uscita aveva ottenuto parte del finanziamento, ma il regista rimaneva incerto sul suo esito. Il suo progetto precedente, Lettere di mia madreun vero inno alla famiglia e al Quebec rurale degli anni ’50, lo lasciò senza fiato. “Questa dovrebbe portarmi alla morte”, scherzava nel 2019, anticipando con una punta di angoscia la nuova montagna da conquistare.
Sono passati anni (e una pandemia) dalla nostra intervista all’artista. Nel frattempo sarà riuscito a districare le spire lasciate in eredità dai suoi amicomentre il trailer di Maurizio è stato lanciato poco prima di Natale.
Il corpus originale arricchito da sequenze più recenti, il rapporto sinuoso tra Giguère e Tremblay intrecciato nell’inquadratura, un Maurice Richard naturale, che sembra dimenticare la telecamera che lo osserva, e altre sorprese, 40 anni di lavoro riportati in 90 minuti…
Quanto abbiamo già visto suggerisce una felice tappa fondamentale in una Storia che continua a essere scritta.
Nelle nostre sale nell’inverno 2025.