Marguerite de Tavernost : Alicudi

Marguerite de Tavernost : Alicudi
Marguerite de Tavernost : Alicudi
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L’occhio della fotografia apre il quinto capitolo di “Cartes Blanches” con il supporto di MPB. Ogni mese, un fotografo francese mostrerà una nuova serie delle sue mani e del suo sguardo, cimentandosi così attrezzature prestate dalla piattaforma internazionale per l’acquisto, la rivendita e lo scambio di attrezzature fotografiche.

I paesaggi insulari ispirano sicuramente fascino. Dopo Tudy Island di Mathilde Guihot e Corsica di Cleo-Nikita Thomasson, questo nuovo episodio nelle mani di Marguerite de Tavernost racconta le atmosfere argentate e viola di Alicudi, piccola isola dell’arcipelago delle Eolie, a nord della Sicilia. Con due obiettivi prestati da MPB, il grandangolo Elmarit da 28 mm e il Summilux da 75 mm, Marguerite de Tavernost ancora la sua fotografia in un rapporto con la luce, con la fotografia e con la letteratura.

“La strada attraversava gli aranceti, il profumo nuziale dei fiori annichiliva tutti gli altri come la luce della luna annienta un paesaggio.”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il ghepardo, 1958

Alicudi. Isola selvaggia, isola del Silenzio.
Una storia di Margherita di Tavernost

“Siamo atterrati su una terra d’argento. L’aria è piena di grandi gocce d’acqua che si sono addormentate su un mare abitato da stelle perdute.

Gli alberi di limoni bagnati dall’acqua si piegano sotto il peso della fioritura.

La pietra è bagnata. La pioggia incessante.

La notte vola via sotto il pendolo delle lumache alla ricerca del loro ritrovato destino.

La luna è silenziosa. Silenzio, luminoso.

E per una buona ragione. Il giorno successivo lasciò il posto alle calde ombre e all’aria dolce di un’isola che vuole essere sacra.

La terra si rivela, viola del sangue delle sue arance, il cui inchiostro gocciola a rivi.

Il profumo errante delle erbe selvatiche conserva il desiderio di esistere da questi rovi secchi alle ondate di libertà.

Il sole mielato di maggio accarezza il canto delle rondini e risveglia l’asprezza della terra.

Una durezza di cui i suoi capperi sarebbero altrimenti privi. Un tenero rigonfiamento salato che abbraccia il cielo nella sua interezza, una goccia dorata carica di polvere celeste che ondeggia sul dorso dei pesci di Silvio, per finire per sciogliersi sul nostro palato.

Silvio, appunto. Silvio e Fiamma, la sua fedele compagna.

La barca di Silvio salpa all’alba su un’ondata di campane d’argento. La loro pia melodia affonda nei campanili votati al proprio abbandono e scuote i loro alti nidi.

Le onde sonnolente di questa Sicilia ardente colpiscono anche religiosamente il nostro cuore.

Quest’isola selvaggia come la felicità, furiosa come questo gusto singolare di libertà abbracciata.

L’isola selvaggia, l’isola del Silenzio, l’isola delle seicento capre, dei sessanta abitanti, dei tre muli, dei mille gradini e dei cento gatti.

L’isola delle marce vivaci, delle streghe volanti, delle anime danzanti e del rock vivo.

L’isola dei delicati serpenti neri, dei cactus dalle palme piatte, delle linee eterne, delle correnti crescenti, degli amanti imprigionati, dei fulmini abbandonati, dei ricci perduti e dei semi stregati*.

L’isola delle erbe bruciate, degli alberi di limoni piegati, del caffè abbronzato e della contemplazione immacolata.

Qui c’è solo vento e correnti.

La semplicità di questa stella è di una brutalità disarmante.

C’è anche Roberto.

Roberto di Alicudi. Roberto di Capri.

Roberto e i suoi silenzi di vetro ispirati agli inverni insonni

Roberto che vive su quest’isola da oltre 20 anni.

La sua sensibilità ai fulmini sconvolgenti lo aprirà al linguaggio del pendolo e alle donne le cui anime invecchiate troveranno rifugio presso di lui, grazie ai biscottini che depone negli angoli di un cimitero che non dorme mai del tutto. Roberto visita regolarmente tre di loro, infestando e cantando sotto la loro lapide, rivelando i presunti peccati che avrebbero potuto giustificare un simile tumulto.

La leggenda narra che in una notte tempestosa, una di queste donne si addormentò con la mano caduta sul bordo del letto, che era di metallo. Di conseguenza, un fulmine trovò la strada e la colpì. Una sciocchezza, secondo lui. La leggenda serve solo a mascherare l’oscurità di un marito assassino.

Alicudi è piena di leggende, orme ondeggianti e misteri semi-svelati.

Le sue arance, i suoi caffè, i suoi campanili, e spero che queste poche foto vi facciano venire voglia di venire a mettere piede su questa terra-isola dall’anima ondulata, questa terra incandescente dal ritmo accattivante e al tempo stesso inquietante, sospesa nei misteri di un frammento infinitesimale dell’orizzonte celeste.

Alicudi è un paradiso crudo che ti entra nella pelle. Un dardo che trafigge la polpa dei tuoi sensi, e la cui impronta invisibile resta intatta per sempre.

“In quest’isola segreta, dove le case sono accuratamente chiuse, dove i contadini dicono di non conoscere la strada che porta al proprio villaggio – e passa per la collina, a due passi – in quest’isola, nonostante un’ostentata lusso del mistero, la riserva è un mito.”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il ghepardo, 1958

Alicudi è ricca di leggende, passi ondeggianti e misteri semi svelati.

Le sue arance, la sua caffetteria, i suoi campanili e, spero, queste poche istantanee vi ispireranno a venire a calpestare questa terra insulare dall’anima ondulata, questa terra incandescente dal ritmo ammaliante e inquietante, sospesa nei misteri di un frammento infinitesimale di orizzonte celeste.

Alicudi è un paradiso crudo che ti entra sotto pelle. Un dardo che trafigge la polpa dei tuoi sensi, e la cui impronta invisibile rimane intatta per sempre.

« Su quest’isola segreta, dove le case sono accuratamente chiuse, dove i contadini dicono di non conoscere la strada che porta al loro villaggio – e passa sopra la collina, a due passi – su quest’isola, nonostante il lusso ostentato del mistero, la riserva è un mito ».
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, The Cheetah, 1958

Margherita di Tavernost

Nata nel 1991 e residente a Parigi, Marguerite de Tavernost ha affinato il suo occhio nel corso di numerosi reportage, che lei stessa definisce “viaggi intelligenti con il vento”, lasciandosi trasportare dall’imprevisto per approfondire meglio le fonti dove gonfia questo respiro.

Il suo lavoro si basa sull’esplorazione del paesaggio, delle sue luci e atmosfere così come delle sue piccole variazioni, quanto su un’esplorazione più antropologica delle culture e delle popolazioni che attraversa, come il suo lavoro in Norvegia, Kenya, Namibia, Madagascar, Isole Faroe, che esplora il più delle volte da sola, senza una mappa stradale. La sua pratica in senso stretto il film gli permette di “ancorarsi alla poesia del momento presente, di abbandonarsi alla contemplazione nella sua più bella semplicità, nella sua più grande purezza”.

La sua pratica della fotografia su pellicola gioca con e sublima le imperfezioni specifiche della pellicola, il processo di stampa, sviluppo e fissaggio inerente a questo metodo. Marguerite de Tavernost iscrive il suo approccio artistico sulle orme di Romain Gary e del suo romanzo Le radici del cielo, cercando di riconnettersi con “ le radici così profonde e tenaci che il cielo ha piantato nei nostri cuori”. Anche la sua serie “Alicudi” riecheggia il testo di Lampedusa, Ghepardo, celebrando la magnificenza di una Natura rigogliosa e di una Sicilia voluttuosamente immobile.

L’artista, come L’Œil de la Photographie, ringrazia calorosamente la piattaforma di rivendita di attrezzature fotografiche MPB per il suo sostegno e il prestito di due obiettivi, un grandangolo Elmarit da 28 mm e un Summilux.100 da 75 mm. La sezione “Carte Blanche” non potrebbe essere realizzata senza il loro aiuto.

“Venere risplendeva, acino gonfio, trasparente e umido; ma già ci sembrava di udire il rombo del carro solare che saliva dall’abisso, sotto l’orizzonte.”

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il ghepardo, 1958

*L’isola è rinomata per le sue varie superstizioni e misteri, incluso il suo pane presumibilmente allucinogeno. Questo fenomeno risale al 1900, quando la sua segale fu infettata dall’ergot, un fungo che produce un alcaloide chiamato acido lisergico, che è anche la base dell’LSD.

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