Vedere è crederci

Vedere è crederci
Vedere è crederci
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Esattamente un secolo fa, il 15 ottobre 1924, André Breton pubblicava il suo Manifesto surrealista. Nacque così un’eccezionale effervescenza creativa attorno a un movimento artistico al quale aderirono pittori, scrittori, registi e poeti. Nella prima pagina di questo Manifesto, questo appello a reinventare l’immaginazione, ad aumentare la realtà, insomma a rendere bello “il reale e il meraviglioso”.

L’esperienza immersiva: il surrealismo digitale

Nel giro di pochi decenni, Breton, Dalì, Magritte e altri avrebbero potuto quasi essere gli inventori dell’ossimoro “realtà virtuale” (Virtual Reality, VR in inglese) che conosciamo oggi grazie a visori e occhiali connessi che stanno gradualmente diventando sempre più disponibili sul mercato. Giocando sui contrasti tra inconscio e conscio, sogno e realtà, la ricca immaginazione di questi artisti sarebbe sicuramente decuplicata grazie a questa immersione resa possibile dalla tecnologia digitale.

Insieme al potere creativo dell’intelligenza artificiale, non osiamo immaginare il risultato delle loro riflessioni se questi artisti avessero avuto questi strumenti a loro disposizione oggi. Coloro che cercavano di liberare lo spirito umano dai vincoli imposti dalla società e questo creando mondi onirici, questi oggetti connessi che incapsulano i nostri corpi e le nostre menti sarebbero stati i pennelli e le penne di questa effervescenza creativa concentrata sul compito di costruire porte verso l’immaginazione.

La lenta comparsa dei mondi virtuali nella nostra vita quotidiana

Indossando un visore VR, l’utente si ritrova tagliato fuori dal mondo e passa a un’altra realtà. Basta vedere quest’ultimo passare davanti ai nostri occhi per credere e vedere in questo sogno a occhi aperti, una sorta di tecno-sciamanesimo moderno. Immersi in questi mondi virtuali, “la pura apparenza diventa il fulcro più vivo delle nostre realtà. »

A proposito di mondi virtuali che riescono a spingere sempre più in là il realismo grafico creando mondi immaginari, non siamo ancora entrati in modo massiccio in questi paradisi artificiali. Certo, i videogiochi fanno ormai parte della nostra vita, ma, a differenza di Internet, dei social network o anche dell’intelligenza artificiale generativa, la realtà virtuale non è penetrata in profondità nella nostra vita quotidiana, con grande dispiacere di GAFAM che non risparmia però alcuno sforzo per garantire che i loro miliardi di utenti passino a questi mondi virtuali.

Strategie divergenti del GAFAM

Se recentemente Microsoft ha annunciato la cessazione della produzione dei suoi visori per realtà aumentata HoloLens 2 scollegando definitivamente Windows Mixed Reality, piattaforma dedicata alla “realtà mista”, Meta, al contrario, ha scelto di accelerare su questo tema con la recente presentazione di Orion, occhiali per realtà aumentata.

Con un peso inferiore a 100 grammi e un concentrato di tecnologia, questi occhiali ti permettono sicuramente di correggere la vista (uff…) ma anche di guardare un video, effettuare una videochiamata e chattare con un avatar fotorealistico. Per quanto riguarda Apple, il suo ingresso in questo mercato rimane marginale. Presentato qualche mese fa, il visore Vision Pro non ha scatenato le folle, sicuramente a causa del suo prezzo (4.000 euro) ma anche del numero ancora limitato di applicazioni disponibili.

Quale futuro per il Metaverso?

Per quanto riguarda il metaverso, questo universo virtuale immersivo e interattivo in cui gli individui (fisici) possono interagire con comunità virtuali per giocare o lavorare, in breve, vivere lì parte della loro vita pixelata, il buzz a riguardo negli ultimi anni si è notevolmente ridotto.

Solo Meta persiste e firma nonostante una perdita di oltre 4 miliardi di dollari da parte della sua controllata specializzata Reality Labs. In attesa che questo metaverso diventi una realtà quotidiana ampiamente adottata grazie alla vendita massiccia di dispositivi (cuffie, occhiali, ecc.), Meta preferisce sfruttare i vantaggi di questa tecnologia per i professionisti.

Negli ultimi mesi, una grande campagna di comunicazione con lo slogan “Il metaverso ha già un impatto” ha permesso al colosso digitale di dimostrare, con esempi a sostegno, che un visore di realtà virtuale connesso permette di allenarsi a ripetere movimenti precisi per entrambi saldatori e chirurghi. Insomma, per dimostrare che il metaverso non era morto e aveva una utilità.

Nuovi cadaveri squisiti

I surrealisti, in quanto visionari, avrebbero trovato nella realtà virtuale e nel metaverso un’estensione naturale della loro arte. I loro famosi “cadaveri squisiti”, potenziati dall’intelligenza artificiale, avrebbero senza dubbio prodotto opere deliranti e barocche, invitandoci a esplorare gli angoli più misteriosi dell’inconscio umano, amplificati dalla macchina.

Grazie ai nostri occhiali collegati, avremmo potuto vedere una nuvola rosa passare davanti ai nostri occhi in compagnia di giraffe volanti, le cui ombre disegnano labirinti invisibili. Questi segreti sussurrati che solo gli alberi addormentati possono sentire, trasformando ogni respiro in un’esplosione di luce… Che peccato che André Breton e gli altri si siano persi questo incontro…

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