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Nella Svizzera romanda resistono i piccoli negozi di generi alimentari alternativi

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Nonostante la concorrenza dei supermercati e del commercio online, i piccoli negozi di alimentari sembrano guadagnare terreno. In ogni caso, è questa la constatazione fatta martedì dall’associazione friburghese Artisans de la transition. Secondo lei, il numero dei cosiddetti punti vendita “alternativi” individuati (all’ingrosso, biologico, cooperativo o partecipativo) è quasi quadruplicato dalla fine del 2009, per raggiungere l’anno scorso quasi 150 negozi nella Svizzera romanda.

Questi negozi di alimentari affermano di favorire la vicinanza geografica, l’agroecologia, la lotta agli imballaggi e agli sprechi alimentari. L’idea è anche quella di definire prezzi considerati più equi e trasparenti lungo tutta la filiera produttiva.

Ma l’associazione nega di offrire prodotti destinati solo ai privilegiati. “Al contrario, in un contesto in cui la nozione di diritto al cibo scelto di qualità sta diventando sempre più importante nell’agenda politica, [les épiceries] desiderano rendere accessibile a tutti i budget il cibo di qualità che offrono”, si legge in un comunicato stampa. Ma non è nemmeno tutto roseo. Sebbene il settore stia registrando in generale una crescita del numero di punti vendita, non sono rari i negozi che hanno chiuso.

A pesare è la chiusura di molti negozi di generi alimentari sfusi dal 2021. Tuttavia, secondo l’associazione, il bilancio tra aperture e fallimenti rimane positivo: 15 anni fa nella Svizzera romanda c’era un negozio di generi alimentari alternativo ogni 50’000 abitanti, mentre oggi questa proporzione ammonta a uno ogni 16’000 abitanti. Con un negozio di generi alimentari alternativo ogni 9.500 abitanti, Neuchâtel possiede la maggiore densità di negozi. A Ginevra questa cifra sale a 31’000, circa il doppio della media della Svizzera francese.

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