A Ottawa, in Messico e a Pechino, c’è scalpore per la minaccia di Donald Trump di imporre tariffe su tutte le loro esportazioni.
Donald Trump vede i dazi come una cura per quasi tutto ciò che affligge il suo Paese. Per comprendere la minaccia che rappresenta per noi, è importante capire perché.
La parola più bella del dizionario
La parola tariffa Sebbene possa essere, secondo Donald Trump, “il più bello del dizionario”, non gode di una buona reputazione.
In effetti, una delle peggiori decisioni politiche nella storia degli Stati Uniti fu lo Smoot-Hawley Tariff Act (1930), che peggiorò la Grande Depressione. Al contrario, il libero scambio è in gran parte associato alla prosperità del paese nel dopoguerra e alla leadership internazionale.
La storia che Trump preferisce è quella della fine degli anni 18e secolo, quando le tariffe elevate assicuravano il reddito di uno stato centrale minimalista e i ricchi diventavano favolosamente ricchi pagando poche o nessuna tassa.
Ai suoi occhi, i dazi rappresentano anche l’arma ideale per contrastare l’ascesa della Cina e sanzionare gli alleati, che vede come parassiti che vivono a spese degli Stati Uniti.
Inoltre, Trump mente sistematicamente sulle tariffe sostenendo che sono gli stranieri a pagarle e che sono una fonte di entrate quasi inesauribile. Questo è falso. Durante il primo mandato di Trump, sono stati i consumatori a pagare le tariffe sui beni cinesi, le cui entrate sono state utilizzate principalmente per compensare le gigantesche perdite degli esportatori americani.
Potere arbitrario e capitalismo clientelare
Ciò che rende le tariffe particolarmente attraenti per un autocrate è la loro natura arbitraria. Sebbene la Costituzione conferisca al Congresso il potere di regolare il commercio, molteplici eccezioni garantiscono ampia autonomia al presidente nell’attuazione della politica tariffaria.
È lo strumento ideale per distribuire favori agli amici del regime. Come sottolinea l’economista Paul Krugman, questo tipo di capitalismo clientelare (“capitalismo clientelare”) era ben consolidato durante il primo mandato di Trump e sembra ancora peggio durante il secondo.
Le minacce al Canada e al Messico sono un esempio abbastanza chiaro della predilezione di Trump per l’arbitrarietà. Infatti, il suo ultimatum ordina a entrambi i paesi di fermare il traffico di fentanil e l’immigrazione illecita. Tuttavia, è estremamente difficile, se non impossibile, misurare questi fenomeni o valutare l’impatto delle politiche canadesi o messicane sulla loro risoluzione.
Se le tariffe provocassero un’impennata dell’inflazione, Trump potrà sempre dichiarare vittoria sostenendo che questi problemi impossibili da misurare sono stati risolti grazie a lui. Potrebbe poi ritirarli in cambio di nuove concessioni commerciali o – cosa più probabile – indirizzare tariffe ed esenzioni per favorire le aziende generose nei confronti del suo partito.
In breve, queste recenti minacce contro Canada e Messico sono forieri di un’amministrazione che sarà dominata dall’inclinazione autocratica di Donald Trump e dalla sua propensione a decisioni arbitrarie a vantaggio di chi gli è vicino.