Pubblicato il 20 novembre 2024 alle 05:53. / Modificato il 20 novembre 2024 alle 09:08.
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Il rapporto «Trasparenza economica dei prodotti agricoli nella Svizzera romanda» ha analizzato 26 settori.
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Il piccolo campione studiato tende a mostrare che i pagamenti diretti vengono recuperati più a valle della catena, nel commercio al dettaglio.
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L’opacità del settore è persistente: il 95,8% delle persone invitate a partecipare allo studio ha rifiutato.
In Svizzera si parla spesso di segreto bancario, meno di segreto agroalimentare. Eppure molti player denunciano l’opacità dei prezzi e dei margini. Dei 5 franchi spesi per un pezzo di Tomme Vaudoise, quanti centesimi vengono pagati al fruttivendolo o al supermercato, quanti al produttore di latte, quanto al casaro?
Per sollevare parte del velo, Vaud, il secondo cantone agricolo del Paese, ha incaricato l’Università di Losanna (Unil). Pubblicato quest’estate, e curiosamente inosservato, il rapporto “Trasparenza economica dei prodotti agricoli nella Svizzera romanda” analizza 26 settori, dal pane semibianco ai mazzi di cipolle alle bottiglie di Chasselas. Vengono rivelati i ricavi, i costi e i profitti di ciascun attore. Un approccio unico nella Svizzera romanda, con un campione modesto (36 aziende) ma una grande ambizione: «riequilibrare le dinamiche di potere», confida Inès Burrus, direttrice di Equal Profit e coautrice del rapporto.
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