il governo sta “studiando” la possibilità di inviare i richiedenti asilo fuori dall’Ue

il governo sta “studiando” la possibilità di inviare i richiedenti asilo fuori dall’Ue
il governo sta “studiando” la possibilità di inviare i richiedenti asilo fuori dall’Ue
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Nel bel mezzo di un incontro dei leader europei sui temi dell’immigrazione, il portavoce del governo vuole trarre spunto dall’accordo tra Italia e Albania dove sono arrivati ​​i migranti, il momento di studiare la loro richiesta di asilo. “Non ci proibiamo nulla”, ha assicurato Maud Bregeon.

La Francia è disposta a inviare i richiedenti asilo arrestati nella Manica e a mandarli in un paese al di fuori dell’Unione Europea (UE) per esaminare la loro domanda di asilo? La questione si pone in quanto Emmanuel Macron partecipa questo giovedì, 17 ottobre, a un Consiglio europeo dedicato in particolare all’immigrazione.

“È un desiderio portato avanti dal ministro degli Interni. È allo studio del Ministero degli Interni”, ha spiegato giovedì mattina la portavoce del governo Maud Bregeon a Sud Radio.

L’accordo Meloni come modello

“Ci vuole molto tempo, è diplomazia, scambi non ci proibiamo”, ha difeso ancora, ispirandosi all’Italia guidata da Giorgia Meloni.

A poco meno di un anno dalla firma del controverso accordo tra Roma e Tirana, arrestati i primi migranti nelle acque italiane è arrivato il 16 ottobre a Albaniadove la loro richiesta di asilo sarà esternalizzata.

Una volta sbarcati, una quindicina di uomini provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh sono stati registrati nel primo centro creato dagli italiani in Albania, unità prefabbricate installate sul porto circondate da alti cancelli e sorvegliate dalle forze dell’ordine italiane, prima di essere portati in un centro di detenzione.

I migranti sono detenuti lì, secondo una misura di detenzione amministrativa decisa dal prefetto di Roma, in prefabbricati di 12 m² circondati da alte mura e telecamere e monitorati dalla polizia, in attesa dell’esame della loro richiesta di asilo.

Se quest’ultimo viene rifiutato, delle cellule vengono installate nel campo, in attesa di rimandarli nel paese di origine. I centri dovrebbero avere una capacità iniziale di 1.000 posti, poi eventualmente di 3.000.

Gli “hub di ritorno” come “soluzioni innovative”

Seguendo da vicino l’andamento delle operazioni, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha indicato di voler presentare “una nuova proposta legislativa” sulle questioni migratorie con la volontà di “razionalizzare il processo di ritorno”.

In una lettera indirizzata ai leader europei, li invita inoltre a “esplorare” “soluzioni innovative”, come i “return hubs”, termine usato per designare i centri di accoglienza al di fuori dell’Unione europea dove i migranti

Un’iniziativa simile è fallita nel 2018, ma sei anni dopo, il contesto europeo si è evoluto in modo significativo, con leader di estrema destra alla guida di diversi paesi del continente e un Parlamento a Bruxelles molto più a destra.

La “soluzione italiana” allo “studio” per Maud Bregeon

All’offensiva sulla questione migratoria, il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, non ha menzionato pubblicamente il ritorno dei migranti in paesi diversi da quelli di nascita, in attesa dell’esame della loro richiesta di asilo da parte della Francia o nel caso di rifiuto dei lasciapassare consolari.

Sicuramente già all’inizio di ottobre sul tavolo dei deputati sono state messe sul tavolo diverse disposizioni, sia sul prolungamento dell’internamento amministrativo, sia sullo stallo con i Paesi d’origine sui visti.

“Rilevo che il mio collega Bruno Retailleau è estremamente determinato sulla questione” dell’immigrazione clandestina, ha affermato il portavoce del governo Maud Bregeon, la quale sostiene che la “soluzione” scelta dall’Italia “va studiata”.

“Perché no? Vediamo se funziona”, ha insistito ancora.

L’abbandono di un accordo simile tra il Regno Unito e il Ruanda

La scelta dell’Italia, prima in Europa, è stata resa possibile da un accordo siglato nel novembre 2023, in nome dei lunghi rapporti che uniscono Italia e Albania. Della durata di cinque anni, il suo costo per Roma è stimato in 160 milioni di euro l’anno. Il Regno Unito aveva tentato di avviare un accordo con il Ruanda nel 2022 prima di abbandonarlo definitivamente.

L’accordo tra Roma e Tirana è stato ampiamente criticato da molte ONG per i diritti umani che lo vedono come una violazione delle regole internazionali.

“L’accordo Italia-Albania viola il diritto marittimo internazionale e rischia di erodere ulteriormente i diritti fondamentali dei rifugiati”, ha scritto martedì la ONG SOS Humanity, stimando che “l’Italia detiene di fatto persone in cerca di protezione sul territorio albanese senza controllo giurisdizionale, il che è profondamente disumano”. e viola i loro diritti fondamentali”.

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