“Ogni volta che è stato identificato il rischio di una spirale del debito, i leader si sono ritrovati intrappolati dietro le loro parole”

“Ogni volta che è stato identificato il rischio di una spirale del debito, i leader si sono ritrovati intrappolati dietro le loro parole”
“Ogni volta che è stato identificato il rischio di una spirale del debito, i leader si sono ritrovati intrappolati dietro le loro parole”
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UNel momento in cui Michel Barnier si confronta, attraverso la sua dichiarazione di politica generale, con un Parlamento in piedi, un rapido sguardo indietro mostra in che misura la crisi delle finanze pubbliche, che fa da sfondo ai dibattiti attuali, abbia accompagnato e alimentato in Francia l’intensità delle tensioni politiche crisi. Per concentrarci solo sugli anni più recenti, l’esplosione dei deficit e del debito ha minato la fine del mandato quinquennale di Nicolas Sarkozy, quello di François Hollande e sconvolto il secondo mandato di Emmanuel Macron.

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Il punto in comune tra questi tre presidenti è che nessuno di loro ha ritenuto opportuno allertare i francesi sulla gravità della situazione quando erano al potere. La svolta di rigore del 1983 è rimasta un trauma collettivo allo stesso modo della pozione somministrata da Alain Juppé tra il 1995 e il 1997 mentre Jacques Chirac aveva promesso durante la sua campagna di ridurre “alle fratture sociali”.

Dalla presentazione del rapporto Pébereau sul debito pubblico, che nel 2005 costituì l’ultimo tentativo politico di sensibilizzare l’opinione pubblica, la negazione è stata una costante. Ricordiamo la rabbia di Nicolas Sarkozy nel sentire François Fillon, da lui nominato a Matignon, definirsi un primo ministro a capo di un “Stato in bancarotta”. Era il settembre del 2007. La crisi dei mutui subprime non era ancora scoppiata.

François Hollande si rifiutò, al suo arrivo all’Eliseo nel 2012, di basarsi sul rapporto della Corte dei conti, allora redatto sotto l’egida dell’attuale guardasigilli, Didier Migaud, per imputare l’eredità Sarkozy e tentare di mobilitare sul risanamento delle finanze pubbliche. Le parole usate dai magistrati, molto vicine a quelle di oggi, erano tuttavia già nel registro drammatico. Hanno menzionato « una zona pericolosa», appuntito “un rischio di fuga”. Tra il 2007 e il 2012 il debito pubblico, mobilitato tra l’altro per assorbire gli effetti della crisi finanziaria, è aumentato di 600 miliardi di euro.

Insoddisfazione cronica

Dieci anni dopo, accusato dalla sua rivale Valérie Pécresse “per aver bruciato il registratore di cassa »Emmanuel Macron ha rifiutato di collocare la campagna presidenziale del suo secondo mandato sotto il segno della riduzione del debito. Tuttavia, la lotta contro la crisi sanitaria ha avuto l’effetto di aumentare l’ammontare del debito pubblico di quasi 700 miliardi di euro. Da allora è ulteriormente salita di quasi 300 miliardi di euro fino a raggiungere la soglia dei 3.228 miliardi di euro, pari al 112% della ricchezza nazionale.

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