La Fed dubita, ma non tanto quanto i mercati

La Fed dubita, ma non tanto quanto i mercati
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Cronaca dei tassi bancari di Eric Sturdza.

Riaggiustare i riaggiustamenti

L’acqua è passata sotto i ponti dal 20 marzo, data dell’ultima riunione della Fed. In questa occasione abbiamo potuto constatare che i dot plot erano già appesi a un filo ma ci promettevano comunque tre tagli dei tassi quest’anno. È trascorso quindi un mese durante il quale l’economia non ha ancora mostrato segni di cedimento, ma in compenso l’inflazione è ripresa. I mercati, sempre pronti a esagerare in un senso o nell’altro, hanno messo in conto un probabile riaggiustamento dei dot plot a partire dal 1° maggio.

Questo aggiustamento sembra logico e necessario perché, salvo grandi sorprese venerdì, i membri della Fed dovranno riportare questi famosi dot plot in linea con gli ultimi dati sull’inflazione e soprattutto con i loro numerosi recenti discorsi. Venerdì sarà un giorno cruciale perché siamo tutti ansiosi di sapere se il deflatore PCE e il Core PCE, l’indicatore preferito dalla Fed, confermeranno il cattivo CPI pubblicato il 10 aprile. I mercati si aspettano un leggero aumento del PCE YoY, dal 2,5% al ​​2,6%, ma un rallentamento del Core dal 2,8% al 2,7%, logicamente con la recente tensione sui prezzi dei componenti non volatili inclusi nel Core PCE.

Abbiamo la spiacevole impressione che la Fed riaggiusterà le sue previsioni per i tagli dei tassi nel 2024 da tre a due, mentre i mercati stanno già riaggiustando le loro da sei a zero.

I mercati obbligazionari non hanno affatto apprezzato la recente evoluzione dell’inflazione, ma riteniamo che stiano reagendo in modo eccessivo. Abbiamo la spiacevole impressione che la Fed riaggiusterà le sue previsioni per i tagli dei tassi nel 2024 da tre a due, mentre i mercati stanno già riaggiustando le loro da sei a zero. Uno spread 2-10 anni vicino a -40bp, una pendenza 5-10 ancora negativa e soprattutto un 2 anni al 5% ci suggeriscono che la capitolazione è già in corso. Resta il passo successivo: considerando l’impensabile solo pochi mesi fa, un aumento dei tassi di riferimento. A quanto pare, l’economia può resistere e, se l’inflazione continua a riprendersi, in breve tempo l’argomento non diventerà più un tabù. Questo è il motivo per cui i numeri del PCE di venerdì, seguiti dall’importante FOMC del 1° maggio, rappresentano potenzialmente il punto di svolta per il 2024.

Quale strategia dovresti adottare?

Non capitoleremo ancora per diverse ragioni. Il primo è che la Fed non può ammettere che la sua politica è stata così pessima e che l’inflazione ha avuto la meglio, il che significa rinunciare a qualsiasi taglio dei tassi. Che la banca centrale ci dica che ha sempre affermato di essere “dipendente dai dati” e che i dati recenti la spingono a modificare marginalmente la traiettoria dei tassi chiave è del tutto probabile e persino piuttosto salutare.

La seconda ragione deriva dal fatto che il buon andamento dell’economia americana si spiega con la politica generosa (permissiva direbbe qualcuno) dell’amministrazione Biden. Il settore immobiliare è fragile e il mercato CRE aspetta solo che scoppi una scintilla. Inoltre, coloro che parlano costantemente del famoso “muro del debito” nell’high yield farebbero bene a dare un’occhiata più da vicino al muro CRE che ci aspetta nei prossimi due anni. Spaventoso se i tassi non scenderanno per allora.

In un contesto del genere, l’atteggiamento logico è quello di tornare sul mercato dei TIPS per l’ennesima volta. Ma per quanto ciò sembrasse un gioco da ragazzi solo poche settimane fa, oggi il rimbalzo dei tassi nominali sta restituendo ai Treasury un posto di scelta. Di conseguenza, l’allocazione tasso nominale/TIPS sta tornando su livelli prossimi al 50-50. Diamo un’occhiata più da vicino ai tassi: il 2 anni USA è al 5%, il TIPS equivale al 2,45%. A 5 anni possiamo scegliere tra il 4,70% nominale o il 2,25% reale. Vediamo che i pareggi sono ora intorno al 2,5%. Se l’inflazione resta sopra il 2,5%, il TIPS a 2 anni è ancora interessante ma a 5 anni, con l’inflazione che torna verso il 2%, o comunque sotto il 2,5%, il tasso nominale del 4,7% è piuttosto allettante.

Questa volta abbiamo deciso a favore dei tassi nominali, ma il nostro ragionamento è stato viziato da una sovraponderazione dei TIPS già presenti nei nostri portafogli. Se dovessimo partire da zero, probabilmente avremmo optato per il 50-50. Una cosa è certa: a coloro che hanno perso la manifestazione di novembre-dicembre 2023 viene offerta una seconda possibilità. Sta a loro valutare se il gioco vale la pena; un dilemma complicato perché la decisione è molto meno ovvia rispetto a sei mesi fa.

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