Se, come me, non sapevate chi fosse Sarah Saldmann prima di vedere il nuovo film di Gilles Perret e François Ruffin, la conoscerete presto. Basta una breve sequenza per scoprire, stupiti, l'esistenza di questo avvocato dal fraseggio preppy che non esita ad affermare che i disoccupati sono beneficiari di welfare e approfittatori. Nella finzione, il personaggio sembrerebbe troppo cliché per convincere. Ma questa persona è reale: da “Grandes Gueules” a “Touche pas à mon poste”, moltiplica i discorsi ultrareazionari in diversi spettacoli tristemente popolari.
Invitato da François Ruffin, esasperato dalle sue parole, a vivere per un po' nei panni di una persona che vive con il salario minimo, l'editorialista accetta di provare l'esperienza per qualche giorno. La sfida è prevenuta in anticipo: si tratterà infatti di introdurla a un certo numero di attività professionali praticate da coloro che si trovano in fondo alla scala salariale – e dalle quali ritiene che potrebbero guadagnare molto di più a patto di mostrare più ambizione e meno pigrizia. .
Ma vivere con il salario minimo non è (solo) questo: è anche preoccuparsi in ogni momento di non riuscire a chiudere il mese se non in rosso, presi alla gola da bollette incomprimibili che non possono poi essere ridotte briciole. Significa dover rinunciare alla maggior parte delle attività ricreative che sogni, mettere da parte la maggior parte dei tuoi progetti, vestirti in modo utile invece di vestirti bene, rinunciare a spese sanitarie che ti farebbero sentire meglio, ecc. Insomma, ha poco a che vedere con un semplice corso immersivo in una pescheria o con un assistente sanitario, che svolgeremmo come un gioco di ruolo prima di ritornare nella nostra lussuosa casa.
Andrò a lavorare per te
Ma bisogna cominciare da qualcosa: come Valéry Giscard…
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