15 mesi di prigionia, 60 ostaggi ancora a Gaza. Nonostante l’accordo, permane l’incertezza per le famiglie separate. Quanti ritroveranno vivi i propri cari? Il macabro conto alla rovescia continua…
All’ombra dell’accordo di tregua concluso mercoledì tra Israele e Hamas, regna l’incertezza sulla sorte dei 60 ostaggi, presumibilmente ancora vivi, trattenuti da oltre 15 mesi nella Striscia di Gaza. Un velo di preoccupazione oscurato dalla litania di morti accertati e di corpi rimpatriati.
I contorni dell’accordo e le sue zone grigie
Secondo i dettagli comunicati dal primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdelrahmane Al-Thani e dal presidente americano Joe Biden, l’accordo prevede inizialmente un cessate il fuoco che consente il rilascio di 33 ostaggi vivi, in cambio di prigionieri palestinesi. Gli altri prigionieri ancora vivi dovrebbero essere rilasciati in un’ipotetica seconda fase, prima del rimpatrio dei resti degli ostaggi deceduti in una terza fase. Ma i termini esatti e il calendario di questi rilasci rimangono poco chiari.
Un tributo pesante: 60 ostaggi di cui 48 uomini, 10 donne e 2 bambini
Il bilancio umano è schiacciante. Delle 251 persone e corpi portati a Gaza durante l’attacco senza precedenti di Hamas del 7 ottobre 2023, solo 117 sono stati rilasciati, principalmente donne, bambini e lavoratori stranieri, soprattutto durante la tregua di una settimana. fine novembre. Sono state restituite anche 40 spoglie, le ultime delle quali, quelle di Youssef al-Zayadna, 53 anni, e di suo figlio Hamza, 22 anni, rapiti dai beduini mentre raccoglievano le olive.
Al 15 gennaio, 94 persone rimangono prigioniere, di cui 60 presunte vive e 34 dichiarate morte dall’esercito israeliano. Tra gli ostaggi ritenuti ancora vivi ci sono 53 israeliani di cui almeno 22 con doppia nazionalità, oltre a 6 thailandesi e un nepalese. 48 uomini e 10 donne, di cui 5 soldati. Con gli uomini, 10 soldati sarebbero ancora nelle mani di Hamas. Il destino dei due bambini, i fratelli Kfir e Ariel Bibas, che avevano 8 mesi e 4 anni quando furono rapiti, e dei loro genitori Shiri e Yarden, rimane irrisolto.
La dolorosa litania dei morti
Dalla fine della tregua all’inizio di dicembre, solo 7 ostaggi sono stati salvati dall’esercito israeliano, l’ultimo dei quali è stato Kaid Farhan Alkadi, rilasciato il 27 agosto nel sud di Gaza. In assenza di prove di vita, l’incertezza aleggia sulla sopravvivenza dei 60 ostaggi presunti vivi, mentre Hamas e la Jihad islamica hanno regolarmente annunciato la morte, non confermata da Israele, in particolare quella dei bambini e di Shiri Bibas.
I rari segnali di speranza: i video recenti dei prigionieri Matan Zangauker (25 anni), Edan Alexander (20 anni), Sacha Trupanov (29 anni) e Liri Albag (19 anni) trasmessi dai loro rapitori. Ma alcuni degli ostaggi morti erano già morti durante il trasferimento a Gaza, compresi 11 soldati uccisi durante l’attacco. Almeno altri 30 sono morti in prigionia, 3 dei quali uccisi per errore dall’esercito israeliano il 15 dicembre, e 6 giustiziati alla fine di agosto secondo le accuse dell’IDF, i loro corpi ritrovati dai soldati in un tunnel.
Kibbutz Nir Oz e Nova Festival: epicentri dell’orrore
La maggior parte degli ostaggi ancora a Gaza sono stati presi dal Kibbutz Nir Oz (20), che è stata la comunità più colpita con 76 ostaggi, inclusi lavoratori stranieri, e più di 40 morti, o dal festival Nova (16), che si è tenuto tra il kibbutz Réïm e Beeri. Dei 3.000 partecipanti a questo raduno musicale, almeno 370 morirono e 43 furono rapiti, mentre solo 9 tornarono.
Il dolore delle famiglie separate
Per coloro che hanno ritrovato la libertà dopo aver lasciato i propri cari nelle mani di Hamas, la tregua di novembre è stata un misto di sollievo e di dolore. È il caso degli adolescenti franco-israeliani Eitan Yahalomi, il cui padre Ohad è ancora in ostaggio, e di Erez e Sahar Kalderon, il cui padre Ofer non è tornato.
Con il passare dei mesi, la speranza per queste famiglie distrutte, sospese dai negoziati e dalle scarse informazioni che filtrano da Gaza diminuisce. Ogni prova di vita riaccende la fiamma, ogni annuncio di morte la fa tremolare. In attesa di un esito, oscillano tra resilienza e disperazione, uniti dalla stessa preghiera: rivedere un giorno i loro cari di nuovo in vita.
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