Nelle dichiarazioni all’emittente pubblica Kan e al canale privato DemocratTV, domenica 1È dicembre 2024, Moshe Yaalon, ex capo dell’esercito israeliano e ministro della difesa, ha accusato Israele di aver commesso crimini di guerra e pulizia etnica nella Striscia di Gaza. Silenzio complice dei media occidentali che non hanno creduto di dover riportare questi commenti.
Khémaïs Gharbi *
Nel cuore delle tragedie umane, il silenzio delle grandi penne del giornalismo occidentale risuona come un tradimento. Dove ci aspettavamo denunce coraggiose, abbiamo trovato solo un’agghiacciante omertà. La pulizia etnica e lo sradicamento di un popolo antico, i palestinesi, si svolgono davanti ai nostri occhi, nel loro territorio ancestrale, tra fragore di esplosioni e silenzio complici.
I grandi pensatori e dispensatori di lezioni morali, così pronti a indignarsi quando si tratta di condannare altrove, sembrano improvvisamente colpiti da cecità e mutismo quando si tratta di Gaza. Tuttavia, le prove ci sono. Oggi, Moshe Yaalon, ex ministro della Difesa israeliano – uomo di guerra, falco di estrema destra e architetto delle politiche coloniali – si pronuncia contro questo orrore. Ne parla, senza mezzi termini “pulizia etnica”.
In un’intervista, Yaalon ha detto: “La strada che stiamo seguendo è quella della conquista, dell’annessione e della pulizia etnica”. Evocando la distruzione sistematica delle città di Gaza, ha descritto l’inabitabilità, il caos, la metodica cancellazione di un popolo. Possiamo accusare quest’uomo, ex membro del Likud, di sinistra? Dovremmo etichettarlo come antisemita o apologeta del terrorismo?
La sua testimonianza è uno specchio spietato per coloro che, nelle redazioni occidentali, hanno scelto di distogliere lo sguardo. Mette in luce la loro ipocrisia e il loro allineamento ideologico con le correnti più estreme. Peggio ancora, offre loro un’ultima possibilità di denunciare i crimini che finora si sono rifiutati di condannare.
Allora cosa ci vorrà di più per risvegliare la loro coscienza? La Provvidenza dà loro un ultimo appiglio, ma essi persisteranno – ne sono profondamente convinto – a tradire la missione primaria del giornalismo: quella di riportare la verità, anche quando è inquietante.
Accuso questi editorialisti e giornalisti di aver deliberatamente ignorato la sofferenza di un popolo ridotto all’esilio e allo sterminio. Accuso questi moralisti a geometria variabile di aver distorto la storia per risparmiare un regime colonialista. Accuso questo silenzio di non essere altro che un crimine per omissione, una complicità per codardia.
Verrà il momento in cui i fatti non potranno più essere nascosti. Quel giorno, le parole che non hanno scritto li seguiranno come fantasmi. Ma sarà troppo tardi per riscattarti.
* Traduttore e scrittore.
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