La morte di André Lajoinie, figura in gran parte dimenticata del PCF, ci riporta a un'epoca che sembra molto lontana: quando la sinistra del movimento operaio cercava di conquistare il cuore dei contadini, dice il nostro editorialista, lo storico Jean -Numa Ducange.
La scomparsa di André Lajoinie, figura in gran parte dimenticata del PCF, ci riporta indietro di mezzo secolo, quando il partito di Georges Marchais iniziò un declino e poi un'evaporazione (quasi) irrimediabile. Nel pieno della crisi agricola, ci riporta anche a un tempo che sembra molto lontano: il tempo in cui la sinistra del movimento operaio cercava di conquistare il cuore dei contadini.
Jean-Luc Mélenchon ha onorato calorosamente la morte di André Lajoinie: “ Rendo omaggio alla sua assoluta dedizione al comunismo e alle lotte popolari, in particolare negli ambienti rurali e contadini, di cui è stato un portavoce efficace e potente. “. A malapena nella sua tomba, l'ex leader del PCF impegnato nella difesa del mondo rurale può già tornarvi. Il futuro candidato alle prossime elezioni presidenziali ha recentemente spiegato che era necessario” gocciolare (…) tutto il resto “. Intendiamoci: concentriamoci sulle grandi aree urbane e non certo perdiamo tempo altrove…
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André Lajoinie non è stato propriamente un protagonista, ma il suo ruolo è stato abbastanza importante da suscitare le reazioni di diversi leader politici in occasione della sua morte. Leader della generazione di Georges Marchais, indossò i colori del PCF alle elezioni presidenziali del 1988 in un contesto difficile per il partito.
François Mitterrand trionfa contro la destra, portando via tutto o quasi sul suo cammino. André Lajoinie guadagna meno del 7%. Fabien Roussel stapperebbe lo champagne oggi con un punteggio del genere. Ma all’epoca si trattava di una nuova catastrofe. Georges Marchais nel 1981 al 15%, gli attivisti erano già al collasso. Questa è la debacle. Poco meno di un anno prima della caduta del muro di Berlino, il dado era tratto…
Un percorso rurale
Nelle elezioni legislative del 1988, significativamente, il PCF ha resistito un po’ meglio nei suoi settori di forza. Questi si trovano intorno ad alcune grandi città, ma anche nelle aree più rurali. Lajoinie è un uomo dell'Allier. Figlio di un contadino, ne fu per vent'anni il vice emblematico.
Ed è qui che merita di avere un certo posto nella memoria collettiva, a rischio di ricordare solo il volto della disfatta del 1988. Perché sebbene segnato per certi versi dal sigillo del perfetto apparatchik (scuola di dirigenti, formazione in Mosca…), André Lajoinie si inserisce anche in una tradizione più lunga, quella della difesa dei piccoli proprietari contadini contro i “grandi”. Vale a dire contro chi industrializza l'agricoltura e trasforma i propri prodotti in beni competitivi per soddisfare soprattutto le esigenze del mercato.
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Una tradizione repubblicana, socialista e quindi anche comunista ha cercato di competere con le correnti conservatrici storicamente molto radicate nelle campagne. Minoritaria, questa sensibilità ha talvolta pesato su alcuni equilibri politici a livello locale, dando origine ad un po' repubblicano blu e poi rosso in diverse aree rurali. I francesi interessati, di sinistra e rurali allo stesso tempo, non hanno mai veramente creduto alla “collettivizzazione”, preferendo i piccoli contadini ai miraggi sovietici.
I comunisti lo capirono presto. Non è un caso che anche il numero uno del PCF prima di Marchais, Waldeck Rochet, provenisse dalla regione (da Bresse in Saône-et-Loire). Questo non è niente: il leader del primo partito di sinistra nel 1968 (cioè Waldeck Rochet alla guida del PCF) proveniva da un ambiente rurale! Trent'anni prima, nel 1937, in pieno Fronte Popolare, l'aveva fondata Terragiornale comunista che difende una certa concezione del mondo rurale. Combatte ancora oggi per esistere e far sentire un'altra voce. Gli Insoumi ti direbbero di “lasciarlo andare”. Non questa tradizione che Lajoinie, non dispostoha continuato a incarnarsi.
Il futuro: quali legami tra la sinistra e il mondo rurale?
Il mondo rurale è certamente in forte declino, ma il suo posto nell’immaginario collettivo e il suo ruolo chiave nel nutrire la popolazione continuano a metterlo al centro delle preoccupazioni attuali. Tra gli anni 1930 e 1964 il numero dei contadini era già diminuito. Ancor di più nel 1988. Eppure il fatto di avere qualcuno di spicco proveniente dalle zone rurali allora non sconvolgeva la sinistra, anzi.
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Spesso si sottolinea, giustamente, che non ci sono più (o quasi) rappresentanti politici del mondo del lavoro… Questo si dice infine meno per il mondo agricolo, dove ovviamente i numeri sono molto più ridotti. Ma è davvero meno grave? Abbandonarlo costituisce per la sinistra un calcolo elettorale a breve termine, che lascia campo aperto a tutti gli altri. Alla vigilia delle elezioni alla Camera dell’Agricoltura, che potrebbero riservare qualche sorpresa e mettere in discussione l’egemonia quasi totale della FNSEA, forse non è troppo tardi per porsi delle domande.
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