Si potrebbe pensare che il peggio sia ormai alle spalle, per il rapporto euro/dollaro (EUR/USD o euro/dollaro), alcune cattive notizie sul fronte economico europeo sono già state integrate: recessione strutturale in Germania, stagnazione economica in altri paesi, consumi in ritardo… Ma altri due fattori potrebbero peggiorare la situazione dell'euro rispetto al dollaro e addirittura spingere la coppia di valute verso la parità.
Tra Europa e Stati Uniti è “Prendimi se puoi”. Il primo fattore che potrebbe far scendere l’euro fino al dollaro è la sovraperformance dell’economia e del mercato azionario americano. Basta guardare l'evoluzione dei flussi. Ad esempio, nella settimana dal 5 al 13 novembre, gli ETF e i fondi comuni di investimento statunitensi hanno attirato 56 miliardi di dollari. Si tratta del secondo più grande afflusso settimanale dal 2008. Gli investitori internazionali ora scommettono solo sull'economia americana.
L’euro crolla ai livelli più bassi degli ultimi due anni rispetto al dollaro: cosa sta succedendo?
Il dollaro è strutturalmente sostenuto dagli afflussi di capitali
Conseguenza: i flussi in entrata dall’Europa e dai paesi emergenti stanno raggiungendo livelli record, il che sostiene strutturalmente le azioni americane e il biglietto verde. Mentre negli Stati Uniti la crescita dovrebbe raggiungere il 2,7% quest’anno, nella migliore delle ipotesi sarà dell’1,2% nell’Eurozona. In un recente studio, Barclays mostra che negli ultimi dieci trimestri le azioni americane hanno sovraperformato quelle europee.
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Risultato: quando sei un risparmiatore o un investitore istituzionale e la tua priorità è ottenere rendimento, è nel tuo interesse investire gran parte del tuo patrimonio in dollari. I flussi di capitale che ne derivano sostengono strutturalmente il dollaro che, secondo i nostri calcoli, è sopravvalutato del 9% rispetto al paniere delle valute di riferimento. È improbabile che ciò cambi.
L’instabilità politica europea pesa sull’euro rispetto al dollaro
Secondo motivo di pressione sull'euro, la recrudescenza del rischio politico in Europa. Per la prima volta da molto tempo, i principali governi europei si trovano ad affrontare scadenze elettorali complicate o il rischio di caduta del governo nel 2025. È il caso di Spagna, Francia, Germania e Paesi Bassi. Il ritorno della politica in primo piano ha un effetto repulsivo sugli investitori extraeuropei.
Prendiamo il caso della Francia: dalle elezioni legislative anticipate di luglio, gli investitori giapponesi – cauti nella loro asset allocation – sono stati venditori netti di titoli sovrani francesi. La situazione non migliorerà se una mozione di censura farà cadere il governo Barnier prima di Natale. Anche se non dovremmo mai esagerare l’impatto della politica sui mercati finanziari a lungo termine, è certo che il contesto degradato in Europa non aiuterà gli affari della moneta unica.
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«Non è certo grazie alle politiche monetarie della BCE e della Fed che il crollo dell’euro rispetto al dollaro potrà trovare una tregua»
Gli Stati Uniti e l’Europa si trovano ad affrontare rischi di diversa natura. Per alcuni, la BCE potrebbe accelerare il taglio dei tassi per riavviare la macchina. Dal lato americano, invece, la Fed potrebbe essere costretta a una pausa più marcata a causa del ritorno dell'inflazione. Secondo noi, nulla di tutto ciò accadrà. Da parte europea, la BCE non ha l’abitudine di affrettarsi. Da parte americana, ha ribadito Powell, non vi è alcuna indicazione che l’inflazione possa aumentare a causa del ritorno di Trump.
In altre parole, non è dal lato delle politiche monetarie che la caduta dell’euro rispetto al dollaro potrebbe trovare una tregua. Sul mercato dei cambi esiste una legge implacabile che finisce sempre per vincere: il tasso di cambio di una valuta riflette lo stato della sua economia. Un’economia in difficoltà deve avere una valuta debole. Si tratta, in un certo senso, di un ritorno alla normalità per la coppia EUR/USD.
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