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“Israele mette pressione sui beni religiosi francesi”

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A margine della visita a Gerusalemme del ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, il 7 novembre si è verificato un grave incidente tra due gendarmi addetti alla sicurezza del Consolato Generale e le forze armate israeliane. Ciò è avvenuto mentre gli agenti francesi cercavano di impedire un’intrusione israeliana nel santuario di Eléona, parte del dominio nazionale francese. Sono stati portati con la forza in una stazione di polizia.

Si trattò di un episodio grave, poiché i due gendarmi erano coperti dall’immunità diplomatica, disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1961. Il ministro alla fine rinunciò ad entrare nella zona, giudicando “inaccettabile” l’atteggiamento della polizia israeliana e ha annunciato che sarebbe stato convocato l’ambasciatore israeliano in Francia. Tornato a Parigi, ha ribadito le sue parole di fermezza, annunciando che saranno prese misure per evitare che simili atti si ripetano. L’incidente è avvenuto in un clima di deterioramento delle relazioni bilaterali, caratterizzato dai commenti quasi offensivi di Benyamin Netanyahu, in reazione all’appello di Emmanuel Macron per la cessazione della fornitura di armi a Israele.

Un episodio che non ha precedenti

Israele giustifica la sua azione considerando che i quattro siti del demanio nazionale, oltre a Eléona, la Tomba dei re, il monastero di Abu Gosh e la chiesa di Sainte-Anne, (donata alla Francia dal sultano Abdulaziz I, nel 1856 , in segno di gratitudine per il suo intervento durante la guerra di Crimea), non beneficiano di uno status extraterritoriale. Se infatti la Francia non rivendica la propria sovranità su questi luoghi, in pratica, dopo l’occupazione di Gerusalemme nel 1967 e l’annessione della sua parte orientale nel 1980, era un dato di fatto che le autorità di sicurezza israeliane si fossero astenute dall’entrarvi.

Inoltre, l’occupazione e l’annessione di Gerusalemme Est sono state condannate dalla comunità internazionale, facendo eccezione gli Stati Uniti, sotto il mandato di Donald Trump, riconoscendo la sovranità israeliana sull’intera città. Un grave incidente si verificò nell’ottobre 1996, quando Jacques Chirac denunciò pubblicamente la presenza di soldati israeliani armati nella zona di Sainte-Anne che si preparava a visitare. Nel gennaio 2020, un incidente simile si è verificato durante la visita di Emmanuel Macron a Gerusalemme.

Una strategia per giudaizzare la città

Non c’è dubbio che questi incidenti siano il risultato di una strategia di pressione esercitata dalle autorità israeliane, volta a mettere in discussione lo status e i privilegi delle aree cristiane cattoliche o ortodosse gestite da consolati stranieri e a sviluppare la giudaizzazione della città. L’ascesa al potere dei movimenti ortodossi e ultranazionalisti rafforza questa strategia nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, dove la popolazione dei coloni cresce anno dopo anno.

Si cercano attivamente nuovi spazi in cui i coloni possano stabilirsi. Nel 2019, un’associazione culturale ebraica radicale è arrivata al punto di contestare la proprietà francese della Tomba dei Re davanti ai tribunali francesi, sostenendo che conteneva le tombe dei re di Giudea, che gli scavi archeologici hanno invalidato. La denuncia non ha avuto seguito.

Minacce di esproprio a tutto tondo

Israele ha continuamente messo in discussione lo status speciale delle istituzioni religiose cristiane, in vigore fin dall’epoca ottomana. Sono stati presentati alla Knesset diversi progetti di legge che potrebbero autorizzare l’esproprio di alcuni beni immobiliari della Chiesa greco-ortodossa, con il pretesto del suo rifiuto di pagare le tasse immobiliari e commerciali da cui era esente.

Anche il patrimonio immobiliare vaticano, che ha goduto di esenzioni fiscali sin dall’epoca ottomana, è sotto costante pressione e minacciato di esproprio. Da parte sua, la Russia ha rilanciato una controversia con Israele nel 2023, riguardante la proprietà di tre chiese, una delle quali si trova sul Monte degli Ulivi, che dovrebbero essere poste sotto l’autorità del Patriarcato di Mosca. Questo è il caso di diverse congregazioni di diverse confessioni religiose.

Alcuni di loro approfittano di un firman ottomano del 1852, confermato dagli accordi di Mitilene nel 1901 e di Costantinopoli nel 1913, che concedono alla Francia lo status di “protettore dei luoghi santi cristiani”, per mettersi sotto la protezione del consolato francese. Quest’ultimo li assiste regolarmente nelle procedure ufficiali con le autorità israeliane, in particolare quando vengono contestati titoli di proprietà o esenzioni dalle tasse sulla proprietà. Preoccupata anche la comunità armena, insorta contro la vendita di terreni da parte del patriarcato a un ricco uomo d’affari ebreo australiano. I coloni si sono scontrati violentemente con i manifestanti armeni che occupavano il territorio.

Un cambiamento demografico

L’aumento della popolazione di coloni a Gerusalemme, favorita recentemente da espropri, dalla vendita volontaria di proprietà di famiglie greco-ortodosse e armene, nonché dalla cancellazione dei permessi di soggiorno dei palestinesi originari della città, ne ha modificato la demografia. Inoltre, da diversi anni, si registra l’allontanamento delle famiglie israeliane che non tollerano più il clima di intolleranza creato dagli ultraortodossi e dai coloni nella città. I due ministri ultranazionalisti del governo di Benyamin Netanyahu, che si proclamano suprematisti e annessionisti, Itamar Ben Gvir, responsabile della sicurezza nazionale e Bezalel Smotrich, responsabile delle finanze, agiscono per ottenere voti alla Knesset, favorevoli all’estensione della colonizzazione a Gerusalemme Est.

La diplomazia francese deve concentrarsi sulla contestazione più vigorosa della sovranità dello Stato ebraico su Gerusalemme Est e quindi sulle diverse aree religiose, facendo leva sul diritto internazionale, in particolare sulle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Nel luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia, il massimo organo giuridico delle Nazioni Unite, ha stabilito che l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, compresa Gerusalemme est, era illegale e ha condannato la colonizzazione.

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