Nella notte tra l’8 e il 9 novembre, l’Assemblea nazionale ha votato a favore dell’emendamento al bilancio che istituisce una tassa sullo svapo, prima di moderarlo. Molti osservatori hanno quindi ritenuto che avessero fatto bene. Grande errore.
La fine delle tasse
Sono stati due voti nell’Assemblea nazionale, alle due di notte, davanti a 138 deputati, che hanno deciso il futuro dello svapo francese. Il primo, un emendamento proposto da Charles de Courson, stabiliva il principio di una tassa sullo svapo, a 15 centesimi al millilitro. Il secondo, firmato Christine Loir, abbassava l’importo a 5 centesimi al millilitro.
Ma la tassa non comporterà solo un aumento del prezzo della bottiglia.
Finora lo svapo era di competenza del Ministero della Salute. Ma l’istituzione di un’accisa pone lo svapo sotto il controllo del servizio doganale, che a sua volta dipende da Bercy, il Ministero dell’Economia e del Bilancio, semplicemente facendogli cambiare il suo codice. Dal codice sanitario, la normativa sul vaping entra ora nel codice fiscale.
Bercy è un piccolo Stato nello Stato, ed è lì che le lobby dei tabacchi, delle farmacie e dei tabaccai trovano le orecchie più attente. Nella logica strettamente economica, l’orecchio è più attento a chi porta più denaro. Basti dire che, per estendere la metafora, lo svapo non verrà trattato come l’acufene.
Inoltre, lo svapo, in quanto prodotto specificamente tassato, non rientra più in questa categoria “consumo attuale”. Senza ancora entrare nella categoria del tabacco, diventa, infatti, un prodotto con caratteristiche specifiche, a base di nicotina, soggetto ad accise.
Da quel momento in poi diventa impossibile per qualsiasi organizzazione ufficiale promuoverlo come parte della cessazione dal fumo. A meno che non avremo un Ministro della Salute estremamente motivato e attivista, che riceve la benedizione di un Primo Ministro e Presidente altrettanto motivato e attivista, una volta tassato, lo svapo come dispositivo per smettere di fumare scomparirà dai rapporti ufficiali.
Infine, un’accisa fornisce un argomento agli oppositori dello svapo: “è tassato come il tabacco, quindi è lo stesso”. In virtù del principio di Brandolini secondo cui correggere una falsa informazione richiede infinitamente più tempo ed energie che raccontarla, e data la disinformazione del grande pubblico, ogni tentativo di creare un’immagine positiva dello svapo si ferma lì.
Storicamente un’imposta non è mai destinata a scomparire, ma solo ad aumentare. Anche le tasse provvisorie spesso diventano permanenti.
Un vaper che sarebbe felice che la tassa alla fine sia di “soli” cinque centesimi si trova nella situazione di un coniglio preso di mira da un cacciatore che è felice che quest’ultimo abbia già sparato, quindi riceverà solo un proiettile.
Speranza?
Se la tassa è stata approvata, c’è ancora speranza: andrà al Senato, che respingerà gli emendamenti, prima di tornare all’Assemblea nazionale. Con un po’ di fortuna si dovrà votare nuovamente e questa volta saranno presenti i deputati di sinistra e di centro che si oppongono.
Il governo ha anche la possibilità di appellarsi all’articolo 49-3, o all’articolo 47, che gli consente di decretare il proprio bilancio mediante ordinanza se viene superato il termine di 70 giorni per votare il bilancio. E come abbiamo visto, il governo è contrario alla tassa, che senza dubbio finirebbe nella spazzatura.
La risposta definitiva è il 20 novembre: oltre questa data il bilancio dovrà essere definitivo. Fino ad allora tutto è ancora possibile.
Nel frattempo, per quelli che dicono a se stessi che siamo scampati al peggio e che 5 centesimi vanno bene: questi cinque centesimi sono il prezzo di tutto il settore indipendente, della sanità pubblica, di 200 morti per tabacco al giorno, e molto probabilmente il vostro lavoro. Il che, va riconosciuto, nel contesto dell’inflazione nel nostro paese, è notevole.
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