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Il jihadista Peter Cherif condannato all’ergastolo per l’“estrema gravità” dei fatti e la sua “pericolosità”

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Peter Cherif, durante la sua estradizione in Francia, all’aeroporto internazionale di Gibuti, il 22 dicembre 2018. AFP

Dopo sette ore di deliberazione, la corte d’assise speciale di Parigi ha dichiarato il jihadista Peter Cherif colpevole di tutti i fatti di cui è stato accusato, giovedì 3 ottobre, alla fine della giornata, e lo ha condannato all’ergastolo, accompagnato da un periodo di sicurezza di ventidue anni, secondo le richieste del pubblico ministero.

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La presidente della corte, Frédérique Aline, ha precisato che questo veterano della jihad, 42 anni, era ” colpevole “ di aver aderito ad Al-Qaeda nella penisola arabica (AQAP) nello Yemen per sette anni, cosa non contestata, ” colpevole “ di essere stato uno dei carcerieri di tre operatori umanitari francesi detenuti da questo gruppo nel 2011, cosa che ha parzialmente ammesso in udienza, e ” colpevole “finalmente, avere “partecipato” al reclutamento da parte dell’AQPA del suo amico Chérif Kouachi per commettere un attentato Charlie Hebdocosa che ha sempre negato.

Riguardo quest’ultimo aspetto, l’unico realmente contestato, il tribunale ha ritenuto che Peter Cherif lo avesse fatto ” sollievo “ l’arrivo di Chérif Kouachi nello Yemen e il suo “integrazione nelle fila dell’AQAP” nell’estate del 2011, e che era rimasto in contatto con lui dopo il ritorno di quest’ultimo in Francia, avendo “conoscenza della missione terroristica affidatagli”. Ha giustificato il“estrema gravità” della sentenza pronunciata dal“estrema gravità” fatti e “pericolosità” dell’imputato.

Una “difesa dimessa”

Questo processo è stato caratterizzato, durante le tre settimane di udienza, dalla sorprendente discrezione della difesa. Giovedì mattina, poche ore prima della pronuncia della sentenza, abbiamo quasi scoperto il suono delle voci dei due avvocati dell’imputato. “Finalmente, finalmente è arrivato il momento di difendere Peter Cherif”sospirò, in una curiosa confessione, Me Sefen Guez Guez, aprendo la sua supplica. Infatti, a parte qualche intervento ancora più raro di quelli del loro cliente, Me Guez Guez e il suo collega Me Nabil El Ouchikli si è distinto per la sua assenza durante questi quattordici giorni di udienza.

Questa assenza di parole si è addirittura trasformata in assenza stessa, durante tre giorni che sono stati tuttavia centrali in questo processo: i due avvocati sono stati sostituiti da un giovane collega poi da un giovane collega, che non conosceva né l’uno né l’altro il fascicolo, il giorno della primo interrogatorio di Peter Cherif nel merito, ma anche durante il suo secondo interrogatorio, nonché il primo giorno delle testimonianze delle parti civili.

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Una politica della sedia vuota incomprensibile e soprattutto rimasta inspiegabile, di cui il presidente si è pentito il 27 settembre: “Contrariamente alla consuetudine, ogni giorno scopro se gli avvocati di Peter Cherif saranno presenti o meno. Non l’ho mai visto…” Mercoledì, durante il suo atto d’accusa, il pubblico ministero ha criticato a “una difesa tanto leggera quanto intermittente, addirittura rassegnata, che non rendeva giustizia ai dibattiti”.

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