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Eyal Kalderon: “Non mi fermerò finché Ofer non ritornerà”, ostaggio a Gaza

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I massacri commessi da Hamas hanno provocato un’esplosione globale il cui esito è ancora incerto. Per comprendere questo terremoto, “Le Soir” ha intervistato testimoni dal Belgio a Gaza, passando per Israele e Libano. Eyal Kalderon, il cui cugino è ostaggio a Gaza, è diventato una delle figure più emblematiche del movimento per il sostegno degli ostaggi.


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Di Samuel Forey

Pubblicato il 10/04/2024 alle 17:45
Tempo di lettura: 3 minuti

Corrispondente a Gerusalemme

Ddal 7 ottobre non sono più Eyal. Sono il cugino di Ofer Kalderon”, ammette questo uomo di 39 anni, dall’aspetto gradevole, capelli corti, barba sottile che l’età comincia a sbiancare.

Si trova sul ponte pedonale che passa sopra un ampio viale a Tel Aviv. Sotto di lui, il palco che accoglie, ogni sabato sera dopo lo Shabbat, gli attori del movimento per il sostegno degli ostaggi. L’ambientazione, con le torri scintillanti, le pareti ricoperte di schermi, la gente che sfreccia su monopattini e monoruote, sembra appartenere a un mondo di fantascienza.



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