Il freddo polare, che lunedì ha costretto Donald Trump a tenere il suo discorso di insediamento all’interno del Campidoglio, forse non è stato poi così negativo: non ha avuto molto per riscaldare la folla. Nel corso di un discorso noioso e poco sorprendente di trenta minuti, il doppio di quello molto cupo che seguì il suo giuramento nel gennaio 2017 e che descrisse “Carneficina americana” stato del paese, il 47esimo presidente degli Stati Uniti ha messo in mostra i suoi capricci superlativi e patriottici, guerre culturali comprese, come se fosse un volgare discorso elettorale.
Annunciare, senza mai veramente sorridere né dare tono, l’inizio di un nuovo “L’età dell’oro dell’America”promettendo di creare “una nazione orgogliosa, prospera e libera”, “più grande, più forte e molto più eccezionale che mai”, “rispettato di nuovo in tutto il mondo” e chi “non sarà più abusato”. “Durante ogni giorno dell’amministrazione Trump, metterò l’America al primo posto”, insisteva riprendendo il suo slogan «L’America prima».
litania umiliante
Di fronte ad alcune file di donatori miliardari, membri della sua famiglia e della sua amministrazione, il repubblicano aveva prestato giuramento pochi minuti prima sul palco della rotonda. E se lo dicesse a se stesso “fiducioso e ottimista” all’alba del“una nuova entusiasmante era di successo nazionale”ha scatenato tutto il male di cui pensava al mandato
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