In 15 mesi di guerra, abbiamo cacciato l’Iran dal Libano e dalla Siria, paralizzato Hezbollah, conquistato gran parte del Monte Hermon, decapitato Hamas e dimostrato che gli Ayatollah sono tigri di carta. L’IDF ha compiuto miracoli inimmaginabili dopo la debacle del 7 ottobre.
Finalmente consegnato
Mi bruciano le dita scrivendo quello che scriverò, ma corro il rischio di essere chiamato bastardo. La nostra situazione è questa: non possiamo sconfiggere Hamas a causa degli ostaggi. Stiamo lottando per riavere gli ostaggi, ma non li riavremo. Il ricatto di Hamas funziona ancora, anche se Gaza è quasi distrutta e questo territorio è diventato inabitabile.
Se la guerra fosse solo una questione di retorica, direi che bisogna andare avanti finché tutti gli ostaggi non saranno liberati. Ma dopo 15 mesi di guerra la domanda che sorge spontanea è la seguente, e non è retorica: i soldati israeliani devono continuare a cadere ogni giorno lì, ieri quattro, oggi cinque, perché cosa sopravvivono gli ostaggi? Nella speranza che un centinaio di ostaggi venissero finalmente liberati, caddero da nove a dieci volte più soldati.
Il dilemma è insopportabile, ma morire in combattimento o morire in prigionia è pur sempre morire.
Spezzare il cuore
In che modo le vite umane degli ostaggi sono più preziose di quelle dei soldati? Simbolicamente, certo, queste vite non hanno lo stesso valore, ma lì c’è uno scandalo morale. La sorte degli ostaggi ci spezza il cuore in ogni momento, ma la morte di 900 giovani israeliani sul campo di battaglia basta per disgustarci altrettanto. 900 vite distrutte prima ancora di essere vissute. 900 famiglie in lutto per sempre.
Perché non ammettere che non siamo riusciti a liberare gli ostaggi? Oppure perché non tentare un colpo di stato che ne liberi almeno una parte anche se purtroppo altri moriranno durante un’operazione del genere? Perché accettare il lento marciume impostoci dalla sconfitta di Hamas?
Ci vuole coraggio
Non vediamo più dove porta questa guerra che sacrifica i figli di Israele affinché altri figli di Israele possano essere salvati.
Ovviamente nessun israeliano accetterebbe che si smettesse di combattere prima di riportare indietro gli ostaggi. Ma chi accetterà a lungo che tutte le giornate dei giovani siano inutili?
Ecco perché occorre ora il coraggio di riconoscere che questo obiettivo non è stato raggiunto e di privare Hamas dell’ultima arma che gli è rimasta. Qualunque sia il costo.
©Marco Koskas