Il fotoreporter Martin Tremblay per l’Ucraina

Il fotoreporter Martin Tremblay per l’Ucraina
Il fotoreporter Martin Tremblay per l’Ucraina
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Quando la Russia attaccò l’Ucraina nel febbraio 2022, non volevo crederci. Putin, mi sono detto, fa di tutto e mette in scena il suo spettacolo di fumo per impressionare la tribuna, ma, dopo aver fatto esplodere qualche petardo per delimitare il suo territorio, si calmerà.

Mi sbagliavo di grosso. Nel settembre del 2024, due anni e mezzo dopo l’inizio della guerra, un’indagine di Giornale di Wall Street stimato il numero delle vittime militari del conflitto a un milione. Da parte ucraina il giornale contava circa 80.000 morti e 400.000 feriti. Da parte russa le cifre ammontano a 200.000 morti e 400.000 feriti. Una vera carneficina.

E non è tutto. Secondo le Nazioni Unite, da febbraio 2022 sono stati uccisi 11.700 civili ucraini e 25.000 sono rimasti feriti, altrettante tragedie a cui si aggiungono i quasi sette milioni di ucraini che hanno dovuto fuggire dal proprio Paese in condizioni terribili.

Ovviamente auguro all’Ucraina di vincere. Qualunque cosa si possa pensare dei progetti politici di ciascuna parte in questa vicenda, sembra indiscutibile che da allora la Russia si è delegittimata lanciando una guerra di aggressione e moltiplicando i crimini di guerra.

Inoltre, in questo confronto, non vedo come i sostenitori della democrazia e del diritto internazionale potrebbero tollerare la violenza imperialista imposta dalla Russia autocratica a un’Ucraina che desidera unirsi al campo delle democrazie occidentali.

Cosa dovremmo fare, però, una volta accettati questi principi, mentre il conflitto è impantanato e una vittoria totale per l’Ucraina sembra sempre più improbabile? Dovremmo farlo, come suggerisce Bernard-Henri Lévy (BHL) nella sua recensione Le regole del giococontinuare a fornire all’Ucraina tutte le armi necessarie non solo per la difesa del suo territorio, ma anche per l’attacco al territorio russo?

Per evitare che questa guerra diventi “la berezina delle democrazie”, come scrive BHL, dovremmo inviare istruttori militari occidentali in Ucraina per addestrare meglio le truppe, come ha suggerito Emmanuel Macron nel febbraio 2024? L’idea è stata accolta con freddezza dagli altri membri della NATO, che temono che una simile mossa possa essere vista come una diretta dichiarazione di guerra dell’Occidente contro la Russia.

“È certo che dobbiamo mantenere una posizione ferma nei confronti della Russia, ma dobbiamo ancora sapere dove stiamo posizionando il cursore”, scriveva il politologo Pascal Boniface, nell’aprile 2024, sul sito web dell’Istituto di relazioni internazionali e strategiche ( IRIS).

A meno che la NATO non intervenga direttamente sul terreno, ha proseguito, “il conflitto rischia di assumere la forma di una guerra per il mantenimento delle posizioni”. Morti e vittime continueranno ad accumularsi, senza alcuna possibilità di una soluzione soddisfacente da entrambe le parti. Questo è il motivo per cui, secondo Bonifacio, oggi “il termine negoziato non dovrebbe essere un termine tabù, come il termine cessate il fuoco”.

Tutto questo è inquietante, straziante, ma la guerra, intanto, uccide. Fotoreporter presso La stampaMartin Tremblay si occupa da anni di reportage di guerra. Ha documentato, con immagini, l’aggressione russa in Ucraina. Per far conoscere e comprendere meglio la triste sorte delle vittime civili di questo conflitto, ha deciso di aggiungere la scrittura alle sue foto pubblicandole Elliot Black in zona guerra, volume 1. Ucraina (Les Malins, 2024, 200 pagine), un avvincente romanzo d’avventura per giovani di cui potranno beneficiare i lettori di tutte le età.

Figlio di un fotoreporter morto in circostanze poco chiare, Matias Leclerc, 14 anni, si ritrova in Ucraina con la madre. Quest’ultimo, medico d’urgenza pediatrico, lavora per SOS Doc, un’organizzazione simile a Medici senza frontiere. Prima di partire, l’adolescente ha avuto cura di mettere nel bagaglio la macchina fotografica del suo defunto padre.

Questo quadro narrativo, a volte un po’ forzato, come spesso accade nei racconti d’avventura, è per Tremblay l’occasione per illustrare la concreta disumanità della guerra: bombardamenti, soprattutto degli ospedali, che seminano il terrore, esodo di civili abbandonati a se stessi , arresti arbitrari di cittadini, talvolta torturati e violentati dalle forze di occupazione.

È anche un’opportunità per Tremblay di presentare la grandezza e la miseria delle professioni dell’operatore umanitario e del reporter di guerra. “Voglio gridare al resto del mondo di svegliarsi”, dichiara l’adolescente diventato fotografo improvvisato che non si preoccupava del destino del mondo prima di approdare nell’inferno ucraino. Voglio denunciare le mostruosità di questa guerra, far conoscere le storie delle sue vittime. »

Ha ragione, ovviamente, e il suo creatore con lui. Gli ucraini hanno bisogno del forte sostegno del mondo libero.

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