Il tema della morte attraversa la tua filmografia. Questa volta l’approccio è ancora più frontale. Hai sentito, a 75 anni, che era il momento giusto per muoversi in questa direzione?
Non è calcolato. Comincio perché un’idea mi ispira o perché un romanzo mi tocca nel profondo. Ad esempio, per questo film, un capitolo di un libro di Sigrid Nunez ha avuto un profondo impatto su di me. In questo brano Martha, il personaggio interpretato da Tilda, spiega a Ingrid, interpretata da Julianne Moore, che vuole scegliere come porre fine alla sua vita e desidera essere accompagnata. Questo mi ha spinto a esplorare temi come la mortalità e l’amicizia. Suppongo che il passare del tempo influenzi anche la mia scrittura e, di conseguenza, i miei temi oggi sono più seri di quelli che affrontavo prima.
Evitare di essere troppo cupi su un argomento del genere era una delle tue preoccupazioni?
Assolutamente. L’argomento è pesante, ma non volevo un film sordido. Il mio obiettivo era rimanere fedele alla personalità del personaggio di Tilda Swinton, una donna vivace, barocca e piena di energia. Volevo parlare della morte come atto vitale, decisione che fa parte della vita. Per questo ho optato per colori brillanti e vibranti.