Resto (2025, diretto a SVOD)

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Residuo // Di Mike Horan. Con Megan Bell, Remi Webster e Shaun Foley.

Il cinema di genere è stato spesso uno spazio per la creatività e l’assunzione di rischi, ma non tutti i tentativi riescono a trasformare un’idea ambiziosa in un’opera accattivante. Residuodiretto da Mike Horan, si presenta come un film a basso budget e dai concetti audaci. Tuttavia, nonostante alcune potenzialità, oscilla troppo spesso tra l’ispirazione e l’esecuzione laboriosa. Sebbene il suo omaggio ai maestri della suspense e dell’horror come Hitchcock, Romero e De Palma sia ovvio, fatica a raggiungere lo stesso livello di impatto. Fin dai primi minuti, Residuo tenta di creare un’atmosfera intrigante con le sue immagini di nuvole minacciose e campi spazzati dal vento.

Un tragico incidente, una mente fratturata, un corpo guarito dalla tecnologia sperimentale. Una giovane donna si lega in modo soprannaturale agli orrori del suo passato. Perseguitata, braccata, tormentata, dovrà scoprire la verità per essere libera.

Questi elementi visivi sono riusciti, ma l’effetto si esaurisce rapidamente, in particolare a causa di un ritmo che manca di vivacità. L’eroina, Grace (interpretata da Megan Bell), si ritrova in una situazione caotica dopo un traumatico incidente automobilistico, ma l’intensità iniziale è diluita in una narrazione eccessivamente contemplativa. Se l’introduzione di un universo al confine tra sogno e realtà poteva affascinare, esso si allunga in lunghezza, moltiplicando i simboli senza che questi ultimi trovino sempre il loro significato o la loro utilità. L’esitazione tra mistero e soprannaturale finisce per frustrare più che affascinare. A questo punto, sentivo che il film mi chiedeva molta pazienza senza offrirne abbastanza in cambio.

La scelta di sviluppare diversi archi narrativi paralleli – una trama slasher, una dimensione psicologica e perfino un’amicizia secondaria – è sulla carta lodevole. Purtroppo, sullo schermo, questa ambizione si trasforma in una dispersione che rende difficile il coinvolgimento emotivo. I dialoghi esplicativi appesantiscono la prima parte del film, e le scene destinate ad approfondire i personaggi, sebbene sincere, spesso mancano di energia e concisione. A 112 minuti, Residuo avrebbe beneficiato di un approccio più restrittivo. Ho trovato che alcuni passaggi, in particolare quelli dedicati ai rapporti interpersonali di Grace, rallentassero inutilmente la trama principale. Se Isabelle Weiskopf offre una buona interpretazione in un ruolo secondario, il suo personaggio non aggiunge molto al tutto.

È solo nella seconda metà che il film comincia a rivelare le sue qualità. Mike Horan dimostra di saper maneggiare l’estetica del cinema di genere con una certa abilità. Gli elementi orribili diventano più forti e la messa in scena diventa più coinvolgente. Una sequenza climatica, girata in un teatro storico, riesce persino a catturare un autentico momento di tensione visiva e drammatica. Questa scena illustra ciò che Horan è capace di realizzare quando canalizza le sue idee in modo più conciso e di grande impatto. Tuttavia, questo slancio di qualità arriva troppo tardi per compensare le lunghezze iniziali. Anche in questi momenti più dinamici, l’impatto rimane limitato da effetti che a volte mancano di finezza.

Invece di tenermi con il fiato sospeso, ho scoperto che il film faticava a mantenere la coerenza emotiva e narrativa, alternando ambizione visiva ed esecuzione irregolare. Quasi a sottolineare la sua propensione all’eccesso, Residuo introduce una scena a metà dei titoli di coda che si trasforma in body horror e fantascienza. Sebbene questo tentativo di espandere l’universo del film sia interessante, sembra più una casella da controllare che una vera necessità narrativa. Questa svolta, lungi dal portare a una conclusione soddisfacente, dà piuttosto l’impressione di un esperimento di troppo. Sarebbe ingiusto non riconoscere gli sforzi di Mike Horan nel creare un film ambizioso con mezzi limitati. È ovvio che ama il cinema e ha una visione, ma quella visione a volte manca di chiarezza.

Volendo abbracciare troppi generi e temi, Residuo perde coerenza e ritmo, offrendo un’esperienza appena passabile. Come spettatore sono rimasto incuriosito da alcune idee e colpito da alcuni momenti di regia, ma il tutto spesso mi ha lasciato indifferente o distratto. Il film dà l’impressione di uno schizzo promettente che non ha ancora trovato la sua forma definitiva. Se Residuo dimostra il potenziale di Mike Horan, c’è ancora molta strada da fare per trasformare questa ambizione in un lavoro davvero significativo. In sintesi, Residuo è un film che tenta di affondare i denti nel cinema di genere, ma il cui risultato, nonostante alcuni successi isolati, si rivela spesso troppo sconnesso per convincere pienamente.

Nota: 4.5/10. Insomma, un bel tentativo, certo, ma che non va mai veramente oltre la fase di un esercizio stilistico.

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