Inutile dire che è fondamentale donare ai banchi alimentari e ad altre organizzazioni caritative, perché è necessaria una risposta immediata ai bisogni urgenti dei sempre più numerosi poveri del Quebec.
Tuttavia, vale la pena chiedersi perché la beneficenza svolga un ruolo così importante in una società ricca come la nostra. Lo Stato non dovrebbe prendersi più cura delle persone bisognose? Naturalmente risponderanno i portavoce delle varie associazioni di beneficenza, aggiungendo con convinzione che, poiché lo Stato non ha i mezzi per eliminare la povertà, non c’è altra scelta che farlo. donare in beneficenza privata.
Il governo del Quebec potrebbe non avere i mezzi per far scomparire la povertà, ma può certamente ridurla attuando politiche fiscali e sociali adeguate, a volte anche senza aumentare il proprio bilancio. Prendiamo il caso del credito d’imposta di solidarietà del Quebec, introdotto per aiutare le famiglie a basso e medio reddito. L’ammissibilità di questo credito dipende quindi dal reddito. Pertanto, ne hanno diritto i milionari che hanno un reddito basso o medio. Ad esempio, i milionari che vivono soli e il cui reddito annuo non supera i 41.150 dollari nel 2023 ricevono 101,75 dollari al mese nell’ambito del credito d’imposta di solidarietà (il periodo di pagamento va da luglio 2024 a giugno 2025). Tuttavia, queste persone non hanno bisogno di questi soldi.
Il credito d’imposta di solidarietà dovrebbe quindi essere accessibile solo alle persone il cui patrimonio netto è inferiore a un determinato massimale. Il Quebec dovrebbe includere nella dichiarazione dei redditi la seguente domanda: il tuo patrimonio netto ammonta a più di $ 400.000? Una risposta positiva annullerebbe automaticamente l’accesso al credito d’imposta di solidarietà. I milioni di dollari così recuperati dal Quebec potrebbero essere utilizzati per aumentare il credito d’imposta di solidarietà per le persone che ne hanno davvero bisogno.
La lotta contro la povertà è ostacolata
Lo Stato ha il potere di ridurre e perfino eliminare la povertà. Ma il governo, per paura di irritare i ricchi con misure fiscali troppo vigorose, preferisce condividere la responsabilità della giustizia sociale con la sfera privata. Permette agli enti di beneficenza e alle fondazioni private di gestire la povertà. Così facendo, ostacola la lotta alla povertà. Gli enormi vantaggi fiscali concessi alle fondazioni private, ad esempio, rappresentano per lo Stato una perdita di entrate, che non viene affatto compensata dalle donazioni di queste fondazioni.
Affidarsi alla carità e alla buona volontà della sfera privata per alleviare la povertà è utopico. La carità perpetua la disuguaglianza perché non minaccia in alcun modo la ricchezza dei ricchi e non riduce in alcun modo la povertà dei poveri. Costringe i poveri a fare affidamento sulle banche alimentari e su altri enti di beneficenza. In breve, la carità perpetua la povertà.
Inoltre la carità è offensiva. Non è con gioia che padri e madri si affidano ai banchi alimentari per nutrire i propri figli. Dietro il loro sorriso riconoscente si nasconde spesso la vergogna, e talvolta anche una forte rabbia contro la società, che non consente loro di provvedere normalmente ai bisogni della propria famiglia. Può essere difficile per qualcuno che è finanziariamente agiato comprendere la miseria delle persone povere. “Se non ha genio, un uomo ricco non può immaginare cosa sia la povertà”, diceva Charles Péguy. Qualifichiamo questa citazione dicendo che la compassione non è sempre sufficiente a renderci consapevoli dell’umiliazione provata dalle persone che dipendono dalla carità degli altri.
I portavoce della raccolta alimentare nei media, ad esempio, non sembrano capire quanto possa essere umiliante per un povero ricorrere alla beneficenza. Non vedono che la carità di cui si vocifera è un attentato alla dignità di chi la riceve. Se deve esserci carità, deve essere discreta. “Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te […] la tua mano sinistra ignori ciò che fa la tua destra, affinché la tua elemosina rimanga segreta», diceva san Matteo. L’entusiasmo di questi portavoce contribuisce alla divisione della società evidenziando le disuguaglianze tra chi dà e chi riceve.
Perché non bisogna sbagliarsi: «La carità è il contrario della giustizia; finché facciamo beneficenza, impediamo che venga raggiunta la giustizia”, ha affermato Henry David Thoreau. Dobbiamo quindi sradicare la carità, che perpetua la povertà. Da qui l’urgenza che lo Stato si assuma le proprie responsabilità mettendo in atto politiche fiscali ed economiche che garantiscano una migliore distribuzione della ricchezza e, quindi, una maggiore giustizia sociale, rispettosa della dignità delle persone.
“La carità in abiti da lutto / Della seta più bella / Del miglior taglio / È appena passata con la mano tesa / Ci ha chiesto di mantenere / La miseria”, scriveva Gilles Vigneault in Tagpubblicato nel 1964.