1. Il rubinetto del gas è chiuso a est
Dal 1È Gennaio, bloccata una delle principali vie di trasporto del gas tra Russia ed Europa. Si tratta del gasdotto Bratstvo (fratellanza, in francese), attraverso il quale transitavano alcune delle molecole che i paesi europei tuttora acquistano dalla Russia. Nel 2023 attraverso di esso sono transitati verso i paesi europei 14 miliardi di metri cubi, che rappresentano poco più del 5% delle importazioni annuali di gas nel continente.
È stata l’Ucraina a decidere di porre fine a questa situazione non rinnovando il contratto che legava la compagnia nazionale di petrolio e gas Naftogaz al produttore russo Gazprom. Ciò ha portato a sconvolgimenti sul mercato europeo del gas. Questo ennesimo sacco di nodi energetici tra Russia ed Europa ha una vittima collaterale: la Moldavia, Paese di meno di tre milioni di abitanti incastrato tra l’Ucraina a est e la Romania a ovest. Gazprom ha interrotto le forniture di gas alla centrale elettrica di Kuchurgan in Moldova, la cui produzione corrisponde al 75% del consumo di elettricità del paese.
2. In balia di un inverno rigido
La Moldavia se lo aspettava. Il 13 dicembre il Parlamento del Paese ha votato lo stato di emergenza per un periodo di sessanta giorni. Mentre in questi giorni il termometro è regolarmente sceso sotto lo zero nella capitale Chisinau, l’ultra dipendenza dal gas russo sta provocando uno shock senza precedenti.
Curiosamente, è la parte filo-russa del Paese quella più colpita. La regione secessionista della Transnistria, autoproclamata indipendente, ospita sul suo territorio soldati russi. In mancanza di alternative, ha dovuto chiudere le sue fabbriche, ad eccezione di quella alimentare. “Non ci sono risorse energetiche per il settore industriale”, ha affermato Sergei Obolonik, il rappresentante separatista responsabile dell’economia.
Sul posto, i 450.000 abitanti della Transnistria sono invitati a “vestirsi calorosamente”, a “raggrupparsi in una stanza” e a non utilizzare metodi di riscaldamento casalinghi per prevenire il rischio di incendio. Un destino abbastanza simile a quello dei vicini ucraini, le cui infrastrutture energetiche vengono bombardate dall’esercito russo. Nel resto della Moldavia, il sostegno della Romania aiuta a limitare i danni.
3. Un’impresa di destabilizzazione
Chiudere il rubinetto può essere interpretato come un nuovo tentativo di destabilizzare il Paese il cui presidente uscente, Maia Sandu, è stato rieletto all’inizio di novembre. Apertamente europeista, ha sconfitto il candidato sostenuto dai socialisti filorussi nonostante i forti sospetti di un’ingerenza russa nel processo elettorale.
Anche se la crisi energetica colpisce soprattutto la Transnistria, l’inflazione che potrebbe derivare dalla carenza rischia di erodere la popolarità di Maia Sandu, un obiettivo per Mosca. Gli elettori moldavi hanno votato in maniera ristretta a favore dell’adesione all’Unione Europea in un referendum tenutosi a ottobre. Due voti, due sconfitte per l’influenza russa.