Lo Zimbabwe ha ufficialmente abolito la pena di morte con effetto immediato martedì 31 dicembre, diventando il 30esimo Paese abolizionista in Africa e il 127esimo nel mondo. In questo decreto pubblicato in Gazzetta ufficialeil governo di Harare afferma che i tribunali non possono più imporre la pena capitale per nessun reato e che qualsiasi condanna a morte esistente è commutata in reclusione. Tuttavia, una disposizione prevede che tale abolizione possa essere revocata in caso di stato di emergenza.
“Esortiamo le autorità a procedere rapidamente verso l’abolizione totale (…) eliminando la clausola inclusa negli emendamenti al disegno di legge che autorizza l’uso della pena di morte in stato di emergenza”si è subito chiesta Amnesty International in un comunicato stampa, accogliendo a “momento storico”.
Una sessantina i detenuti nel braccio della morte
Nello Zimbabwe, dove circa 70 persone sono state impiccate dall’indipendenza nel 1980, una moratoria sulle esecuzioni era in vigore dal 2005, ma “i tribunali hanno continuato a imporre la pena di morte per crimini come omicidio, tradimento e terrorismo”spiega The Death Penalty Project, un’organizzazione con sede nel Regno Unito che fornisce assistenza legale ai condannati a morte. “I prigionieri hanno sopportato lunghi periodi di detenzione, con la schiacciante incertezza che le esecuzioni sarebbero mai riprese”aggiunge questa organizzazione impegnata nella difesa della pena capitale.
Circa sessanta detenuti aspettavano nel braccio della morte, alcuni di loro da molti anni. La moratoria sulle esecuzioni era infatti in gran parte legata all’incapacità delle autorità dello Zimbabwe di reclutare un boia per impiccare i condannati. Secondo i media locali, le offerte di lavoro pubblicate più volte sono rimaste vacanti dopo le dimissioni dell’ex titolare di questa carica nel 2005.
“Nessuno vuole fare questo lavoro”confessò alla radio nel 2018 l’allora ministro della Giustizia, mentre la maggioranza dei suoi concittadini si dichiarava favorevole alla pena capitale. “La pena di morte infligge tormento psicologico non solo alla persona giustiziata, ma anche a coloro che sono coinvolti nella sua esecuzione”ha stimato il ministro durante i dibattiti sull’abolizione all’Assemblea nazionale l’anno scorso.
“Offesa alla dignità umana”
La lotta per l’abolizione della pena di morte è guidata da tempo dal presidente Emmerson Mnangagwa, al potere dal 2017.
Nel 2018, ha commutato in pene detentive le condanne dei condannati che attendevano nel braccio della morte da più di dieci anni. In diverse occasioni ha espresso la sua contrarietà a questo “offensivo della dignità umana”non esitando a citare il suo caso personale: negli anni ’60 lo stesso Emmerson Mnangagwa fu condannato a morte per aver fatto esplodere un treno durante la guerra d’indipendenza. La sua pena fu poi commutata in dieci anni di carcere.