Blake Lively ha citato in giudizio il regista e suo co-protagonista di Finisce con noiJustin Baldoni, accusandolo di molestie sessuali sul set e di aver orchestrato una campagna diffamatoria contro di lei dopo il travagliato rilascio del film, arrivato in Italia il 9 agosto 2024 dopo parecchi rimandi (e con recensioni non troppo positive).
Le voci di un conflitto tra Lively e Baldoni erano emerse all’inizio di agosto: durante la promozione del film, Baldoni aveva rilasciato interviste da solo, mentre Lively era spesso affiancata dagli altri membri del cast e non dalla co-star. Nelle interviste, Lively — che ha anche prodotto il film — elogiava il cast e la troupe, ma non menzionava mai Baldoni nonostante le numerose scene di intimità tra i due sul grande schermo.
Ora, a quattro mesi dall’uscita del film, la causa intentata da Lively — che denuncia un «grave disagio emotivo» derivato dall’esperienza — denuncia quello che viene raccontato come un set tossico. Oltre a Baldoni sono stati citati anche i produttori e un dirigente delle pubbliche relazioni di Wayfarer Studios (produttori del film), così scrive il New York Times.
Nella causa, riportata inizialmente da TMZLively sostiene che l’ambiente di lavoro sotto la direzione di Baldoni fosse diventato così ostile da richiedere una riunione d’emergenza con Sony Pictures, distributori del film. In quell’occasione fu stilata una lista di richieste per Baldoni, tra cui quella di astenersi dal parlare della sua precedente «dipendenza dalla pornografia», delle sue conquiste sessuali e dell’anatomia genitale del cast e della troupe.
Nel documento si sottolinea inoltre che al regista fu imposto di non aggiungere ulteriori scene di sesso, sesso orale o momenti di orgasmo visibili in cui fosse coinvolta Lively al di fuori di quanto previsto dal copione approvato dall’attrice al momento della firma del contratto. La denuncia accusa inoltre Jamey Heath, produttore primario di Finisce con noidi aver mostrato a Lively un video della moglie nuda e di averla osservata nel camerino mentre era in topless e le veniva rimosso il trucco corporeo. La causa sostiene inoltre che sia Baldoni che Heath siano entrati senza invito nel camerino di Lively, anche in momenti in cui stava allattando al seno il figlio più piccolo, Olin, avuto dal matrimonio con Ryan Reynolds.
I problemi sarebbero continuati anche durante la promozione del film all’uscita nelle sale. Nello specifico, la causa sostiene che Baldoni, il PR team di Wayfarer Studios e una speciale squadra di “crisi” abbiano orchestrato una campagna di «manipolazione» nel tentativo di «distruggere» la reputazione di Lively. Nella denuncia vengono citati presunti messaggi inviati dall’addetto stampa di Baldoni, nei quali si legge che il regista «vuole sentirsi come se [Lively] possa essere seppellita» e «non possiamo scrivere che la distruggeremo». Secondo quanto si legge, gli accusati avrebbero avvertito il primo segnale di questa potenziale crisi quando Reynolds bloccò Baldoni su Instagram.
Lively ha dichiarato in una nota al New York Times: «Spero che la mia azione legale aiuti a svelare le sinistre tattiche di ritorsione contro chi denuncia comportamenti scorretti, e che contribuisca a proteggere altri che potrebbero essere presi di mira».
L’avvocato di Baldoni, Bryan Freedman, ha dichiarato a Varietà che la causa di Lively è un tentativo di «risolvere la sua reputazione negativa», aggiungendo che le accuse sono «false, oltraggiose e deliberatamente sensazionalistiche», e che hanno «l’intento di danneggiare pubblicamente» il suo assistito.
«È vergognoso che la signora Lively e i suoi rappresentanti abbiano rivolto accuse così gravi e categoricamente false contro il signor Baldoni, Wayfarer Studios e i suoi rappresentanti, come ennesimo tentativo disperato di “ripulire” la sua cattiva reputazione, maturata dalle sue stesse dichiarazioni e azioni durante la campagna per il film; interviste e attività stampa osservate pubblicamente, in tempo reale e non modificate, che hanno permesso a Internet di generare le proprie opinioni e punti di vista», ha aggiunto Freedman.
A seguito della causa, l’agenzia talent a cui era legato Baldoni, William Morris Endeavor, ha deciso di interrompere i rapporti con il regista.