Meret insuperabile, Olivera (per un tempo) e Anguissa mastodontici

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Non può sbagliare assolutamente nulla il Napolise davvero intende rimanere in scia all’Atalanta, che ospiterà domani pomeriggio l’Empoli. Ergo, i tre punti restano un obiettivo da inseguire con forza e determinazione. Anche se il Genovanelle quattro partite con Vieira in panchina, è ancora imbattuto. Vediamo com’è andata…

Meret: 7

Talvolta la narrazione che circonda l’estremo difensore friulano risente di una profonda alterazione della realtà. Perché qualcuno continua a considerarlo una certezza, mentre altri, senza troppi complimenti, gli puntano contro il dito accusatorio appena se ne presenta l’occasione. L’Airone non si deprime, e fa la differenza. Pronti via e come comincia la ripresa fa qualcosa di notevole, volando su Pinamonti. Nulla può qualche minuto dopo ancora sul centravanti scuola Inter. Quindi, mette agilità e riflessi, impedendo che la zuccata di Badelj entri in porta. Qualcosa gli impedisce di accettare supinamente il pareggio. Ergo, leva ben due volte la palla che sta entrando, allungandosi come Mister Fantastic dei Fantastici Quattro: sul tap-in di Balotelli e sulla conclusione a giro dalla distanza.

Di Lorenzo: 6,5

Prototipo del “finto terzino” teorizzato da Guardiola, il capitano collabora nella risalita alla stregua di un centrocampista, si sovrappone (internamente o lungo il binario) con la gamba di un esterno bravo in entrambe le fasi. Inoltre, mantiene una buona capacità difensiva al cospetto di Vitinha. Che però gli sfugge con troppa facilità nell’azione del 2-1, apparecchiando un succulento assist in cutback, per l’accorrente Pinamonti.

Rarahmann: 7

Il tratto comune del suo incidere al centro della difesa, assieme a Buongiorno piuttosto che accoppiato con Juan Jesus, sta tutto nella fluidità con cui si adatta agli spostamenti del compagno all’interno della “zona rossa”: una sorta di comfort zone, dove nella contrapposizione con Pinamonti nulla succede se non è Amir a lasciarglielo fare. L’assenza del solito compagno di reparto non ha determinato flessioni significative nel rendimento del kosovaro. Anzi, s’è preso un surplus di responsabilità proprio nel momento del maggiore bisogno. Diventa pure decisivo in occasione del raddoppio di testa.

Juan Gesù: 6

La prestazione oggettivamente inguardabile contro la Lazio, in Coppa Italia, l’aveva trasformato in una sorta di meme, con i tifosi che arrivavano addirittura a ironizzare sul fatto che fosse sul viale del tramonto, ormai (quasi) un ex giocatore. Una visione a tratti crudele, che nel breve volgere di una gara attenta in marcatura su Pinamonti pare comunque lontana. Se lo perde nell’azione del 2-1, ma in verità è onesto rimarcare lo smarcamento succulento del centravanti. Gli tocca rompere la linea e accorciare forte su Miretti tra le linee.

Olivera: 6,5

Innegabile che ci metta impegno ed energia. Apprezzabile il suo mettersi a disposizione delle esigenze superiori del collettivo, avendo davanti un giocatore tecnicamente eccezionale come Neres, che necessita di idonea copertura. Il suo quindi è un approccio concettuale, nel senso che, costretto dagli eventi, preferisce dedicarsi alla cura di Zanoli, schierato insolitamente alto, nel tridente offensivo. Una volta decodificata postura e flusso degli spostamenti, diventa veramente imprendibile. I metri da coprire in avanti per lui non sono un problema. E’ in ritmo quando si tratta di spingere sull’acceleratore. Rispetto alle consuetudini, il Napoli ha uno sviluppo asimmetrico della fase d’attacco, che però oggi privilegia maggiormente la fascia mancina. Dove l’uruguagio produce tanto, stringendo internamente nel corridoio intermedio con evidente qualità.

Angusa: 7

La sua corsa solo apparentemente un pò sgraziata è la chiave di lettura per comprendere quanto il camerunese sia fondamentale nel Napoli. Un centrocampista di lotta e governo assieme, in grado di fare la differenza portando il pallone nella metà campo altrui, senza curarsi dell’attenzione con cui Miretti cerca fargli sentire il fiato sul collo. Sovrasta letteralmente Frendrup e gira in rete di testa, sbloccando il match.

Lobotka: 6.5

Si sposta in quello che rappresenta il suo piccolo mondo antico, dove gestisce tempo e spazio con la leggerezza tipica di chi è consapevole di poter dominare la scena a suo piacimento, ritmando l’incedere dei suoi passaggi o variando l’intensità del giropalla. Con la solita mentalità recupera e contrasta, oltre a far progredire il pallone, facendosi coinvolgere costantemente nella costruzione. Finendo per influenzarla in positivo. Soprattutto nel secondo tempo, quando la pressione del Genoa si accentua, lui resta calmo e si abbassa tra i due centrali, nella posizione della cd “Salida Lavolpiana”.

McTominay: 6,5

Conte gli ha cucito un vestito tattico su misura, assecondando la natura verticale dei suoi inserimenti alle spalle di Frendrup. A testimoniare la centralità che lo scozzese ha acquisito nei flussi del gioco dell’allenatore salentino, la fluidità con cui interpreta il ruolo: tra la mezzala passista, che collabora nel consolidare il possesso. E l’incursore dietro le linee nemiche, abile a far progredire l’azione nell’ultimo terzo di campo con muscoli e piedi educati. Per la difesa del Genoa è una variabile complessa da affrontare. Specialmente se i suoi inserimenti favoriscono il movimento a venire dentro al campo di Olivera.

Politano: 6

Spesso riceve in isolamento all’altezza della linea laterale, con un mucchio di giocatori rossoblù sotto la linea della palla e tanti metri da percorrere per arrivare a tiro di Leali. Dunque la sua scelta è quella di tagliare verso l’interno sfruttando così la sovrapposizione del capitano. Il suo dinamismo, associato al sistema delle rotazioni con Di Lorenzo, gli permette di approfittare dei rari momenti di distrazione di Martin, per attaccare lo spazio in verticale. E se i rossoblù sono bravi a non collassare rispetto al gioco in catena degli azzurri sulla destra, allora si mette in proprio e si accentra ulteriormente, a caccia dell’angolo ideale per calciare in porta o imbucare. Cala vistosamente e progressivamente alla distanza.

(ha dato 86' Spinazzola: st)

Occupa una posizione conservativa; gli viene chiesta disciplina e applicazione nell’arrembaggio forsennato del Genoa. Tutte cose che si sposano perfettamente con le sue caratteristiche.

Lukaku: 5,5

Spacca la traversa all’alba del primo tempo con una capocciata in torsione. La connotazione fisica del suo calcio rimane pressoché invariata. Nondimeno, ci sono situazioni in cui sembra francamente prigioniero della rigida cura riservatagli da Bani o Vasquez, che non gli consente di reagire immediatamente agli stimoli provenienti dai compagni. Grande Rom legge il contesto ma forse non percepisce appieno cosa ci si aspetti da lui. A quel punto che comincia a sbagliare tutte le scelte.

(dal 72' Simeone: sv)

Rimane qualcosa di diverso del classico centravanti “di scorta”, efficace e minimalista. Attacca la profondità; la tenacia con cui fa a sportellate, senza farsi buttare giù o rifuggire dalla contesa, gli fa onore. E caratterizza il suo incedere negli ultimi sedici metri. Controlla il pallone e lascia rifiatare i compagni. Inoltre, appena possibile, cerca di concludere la transizione, chiuso tuttavia da una diagonale salvifica di Bani.

Neres: 6,5

Offensive player elettrizzante, sicuramente divertente, per la naturalezza di certe scelte controintuitive. Ma non fine a sé stesso, cioè esteticamente bello a vedersi e null’altro. Perché nei momenti in cui la squadra va in difficoltà, prova a risollevarla con qualche giocata individuale, che alimenta la visione di Sabelli costantemente in bilico tra fare una figuraccia colossale nel vano tentativo di assorbirne sterzate ed accelerazioni, come sul cross convertito poi in rete da Anguissa. Oppure anticiparlo con pulizia e giusto timing. Circostanza che onestamente al terzino è riuscita poco. Peccato che nella ripresa il brasiliano sia scomparso, liquefatto al cospetto della pressione ultraoffensiva del Genoa.

(dal 72' Kvaratskhelia: sv)

L’infortunio è ancora fresco. Nondimeno, l’andamento dalla gara dopo il 2-1 del Genoa ne impone l’ingresso. Prende immediatamente coraggio e punta il dirimpettaio. Con lui cambiano i modi e le zone di ricezione, meno larghe e più negli half spaces. Riceve di spalle, però dare il pallone al georgiano è l’equivalente di metterlo in banca.

Allenatore Conte: 6

Riceve spesso critiche trasversali circa la monotonia del suo gioco. Nonostante sia riuscito a costruire una squadra con una precisa identità tattica. Inizialmente non ha sofferto la capacità del Grifone: un atteggiamento orientato da Vieira a fare densità all’interno della propria trequarti difensiva. Il tecnico francese l’aveva pensata anche bene, piazzando un laterale di gamba e polmoni come Zanoli una trentina di metri più avanti. E trasformando il 4-3-3 iniziale in un ermetico e conservativo 4-4-2 in fasa di non possesso. Con Vitinha che scalava di fianco a Pinamonti, col chiaro intento di mettere in ombra Lobotka. L’Uomo del Salento ha risposto con la qualità del palleggio, associata all’aggressività. Riuscendo così ad ammorbidire il piano gara dei padroni di casa. Giusto sottolineare come sostituisca la qualità del primo tempo con la solidità nella ripresa. Il Genoa esce dagli spogliatoi e tanto per mettere in chiaro come sarebbero state le cose, aggredisce altissimo. Il Napoli ha la freddezza per gestire la palla con un coefficiente di difficoltà vertiginoso. E resistere.

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