LUDOVIC MARIN/AFP
In cosa consiste l’accordo di “non censura” proposto dal PS dopo la censura di Barnier (foto di Olivier Faure e Marine Tondelier scattata nell’ottobre 2023)
POLITICA – Patto di non aggressione. Michel Barnier si è dimesso, manovre aperte per nominare il suo successore. Mentre il presidente della Repubblica si consulta minimamente, ricevendo in particolare i presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato, Yaël Braun-Pivet e Gérard Larcher, alcuni chiedono un rinvio per negoziare e instaurare un governo stabile a capo della Repubblica Stato.
È il caso, ad esempio, dei socialisti. Da giorni chiedono l’apertura di un dialogo con tutti i partiti rappresentati a Palazzo Borbone, ad eccezione del Raggruppamento Nazionale e dei repubblicani, stando alle ultime dichiarazioni. I leader del partito e dei suoi gruppi parlamentari (Olivier Faure, Boris Vallaud e Patrick Kanner) hanno inviato questo giovedì pomeriggio un’altra missiva al Capo dello Stato, per essere ricevuta all’Eliseo prima dell’annuncio del futuro primo ministro.
Dietro questa mano tesa e queste iniziative portate avanti anche dagli ecologisti di Marine Tondelier, si nasconde la questione di un accordo di “non censura”. » Una strategia che consentirebbe, spiegano i loro speranzosi, di evitare le trappole che Michel Barnier non ha potuto evitare. Ma in cosa consiste questo?
“Nessuna censura” contro “no 49.3”
Chiaramente, dalla parte dei socialisti o dei verdi si tratta di mandare a Matignon una persona di sinistra, o che condivida “i loro valori”, ma che sarebbe (in assenza di maggioranza assoluta) sotto la supervisione del blocco centrale. Questo futuro primo ministro si impegnerebbe a non avvalersi dell’articolo 49.3 della Costituzione, che permette l’adozione di un testo senza voto dell’Assemblea nazionale, in cambio della buona volontà di chi ha governato ieri.
Un patto che richiederebbe necessariamente il raggiungimento di compromessi con i macronisti e i loro alleati. Ma che tutelerebbe il governo da una mozione di censura di chi lo contesta. Infatti, i voti del partito Les Républicains, escluso dal tavolo per non aver fatto il “fronte repubblicano” alle elezioni legislative, dei ribelli, restii al negoziato, e dell’estrema destra, non sarebbero sufficienti per rovesciare il Primo Ministro.
« Non possiamo implementare l’intero programma, solo il programma. Ciò suppone che si entri in dialogo con chi sarà in Parlamentoha spiegato Olivier Faure giovedì mattina a France Inter, aggiungendo: Non voglio solo testimoniare o protestare, voglio governare. »
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L’approccio è simile da parte di Marine Tondelier. “ Le soluzioni devono essere trovate all’interno del perimetro repubblicano », ha spiegato giovedì il segretario nazionale degli ambientalisti al telegiornale delle 13, su TF1, invitando il presidente ad avviare trattative per la nomina di un primo ministro di sinistra. Per lei “ tutti hanno bisogno di uscire dalla propria zona di comfort. (…) Qualsiasi soluzione fatta con lo stampino sarebbe un fallimento. »
Attal evoca anche un patto
I due gruppi (a cui si uniscono i comunisti) assumono un cambio di tono e un “ divergenza » con gli eletti della Francia ribelle. I melenchonisti dicono di voler rimanere fedeli al programma del Nuovo Fronte Popolare e alla figura di Lucie Castets per Matignon. “ Li incoraggio a ritornare in sé e a tornare alla base del PFN per una rottura con gli anni di Macron. », ha deciso questo giovedì il ribelle Éric Coquerel su LCI, evocando un “ chimera. »
In questo contesto, è interessante notare che la logica di un accordo di “non censura” è popolare anche al di fuori dei partiti di sinistra. Ma non necessariamente sulle stesse basi. Così, l’ex ministro divenuto direttore generale della ONG Oxfam France, Cécile Duflot, propone addirittura sulle colonne di Mondo UN ” clima e coalizione sociale » che dovrebbe passare dagli ambientalisti al blocco centrale.
Se non si arriva a tanto, anche il capo dei deputati macronisti, Gabriel Attal, che avrebbe dovuto riunire durante la giornata i tenori di Renaissance, propone lo stesso metodo di dialogo. Ma con un patto che va dal PS al LR per sfuggire alla tutela dell’estrema destra. E senza appoggiare il Nuovo Fronte Popolare, ovvero la sinistra, per recuperare le chiavi di Matignon.
L’idea, da parte sua, sarebbe piuttosto quella di continuare nella logica del “blocco centrale”, cercando di staccare i socialisti dall’alleanza della sinistra. Secondo indiscrezioni di stampa, questa è la strada che Emmanuel Macron sta esplorando, valutando soprattutto i profili del suo campo, o di destra, per succedere a Michel Barnier. Una ricetta che rischia di produrre gli stessi fallimenti.
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