Chi trae vantaggio dall’attacco ad un canale in Kosovo? Una bravata contorta che richiede un’indagine “credibile”.

Chi trae vantaggio dall’attacco ad un canale in Kosovo? Una bravata contorta che richiede un’indagine “credibile”.
Chi trae vantaggio dall’attacco ad un canale in Kosovo? Una bravata contorta che richiede un’indagine “credibile”.
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Una crisi esagerata?

In realtà, i toni usati dal governo di Albin Kurti non rassicurano affatto. Alle 3,30 del mattino, il comunicato stampa del Consiglio di Sicurezza Nazionale, convocato d’urgenza, assicurava che “Le prime indicazioni suggeriscono che questo attacco è stato orchestrato dall’apparato statale serbo, che ha la capacità di compiere tali attacchi criminali e terroristici. “La dichiarazione estendeva le accuse anche alla Russia:”C’è anche un probabile collegamento con gli attacchi aggressivi della Russia contro gli impianti energetici ucraini durante questa settimana, che hanno lasciato più di un milione di case ucraine senza elettricità poco prima dell’inverno”.

Questo attacco è stato coordinato da organizzazioni terroristiche con l’obiettivo di causare il massimo danno allo Stato del Kosovo e ai suoi cittadini“, ha assicurato il ministro degli Interni Xhelal Sveçla, mentre sabato la polizia ha arrestato otto sospetti, la cui identità non è stata ancora confermata. Le autorità di Pristina sottolineano soprattutto il potenziale ruolo di Milan Radoicic, un uomo d’affari serbo del nord del Kosovo, già in servizio la fuga in Serbia dopo essere rimasto coinvolto nell’apparizione ancora misteriosa di un commando armato nel monastero ortodosso di Banjska il 24 settembre 2023. Il primo ministro Albin Kurti ha approfittato dell’esplosione del canale per fare appello alla comunità internazionale “intensificatore” la sua pressione sulla Serbia affinché le consegnasse Radoicic.

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Tuttavia, la KFOR, la missione della NATO in Kosovo, richiesta da Pristina, ha rifiutato di rafforzare la propria presenza nel nord del paese, ritenendo che la situazione della sicurezza non lo giustificasse. Allo stesso modo, parlando lunedì mattina, l’ambasciatore americano a Pristina, Jeffrey Hovenier, ha invitato le autorità kosovare a indagare “credibile“, pur affermando che è ancora impossibile sapere chi sia stato il responsabile dell’attentato. Insomma, Pristina non ha forse esagerato con la crisi?

Distogliere l’attenzione?

Da parte sua Belgrado respinge tutte le accuse. Il presidente Vucic ha condannato l’atto “terrorista” si è impegnato giovedì a garantire che la Serbia stesse conducendo le proprie indagini perché “del suo interesse” per fare luce. Il direttore dell’Ufficio serbo per il Kosovo, Petar Petkovic, ha addirittura definito le accuse di Pristina “notizie false”.

Non è la prima volta che Pristina tenta di importare lo schema ucraino, presentando la Serbia come staffetta di Mosca, impegnata a guidare una”guerra ibrida“contro il Kosovo. In questo caso l’ipotesi di un coinvolgimento diretto delle autorità di Belgrado nascerebbe dalla volontà di creare una”deviazione” nell’opinione pubblica serba, mentre non si affievoliscono le manifestazioni contro la corruzione, un mese dopo il tragico disastro della stazione di Novi Sad, dove la caduta di una tenda recentemente restaurata, il 1° novembre, ha causato la morte di quattordici persone.

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Pristina parla anche di un aumento delle tensioni nel nord del Kosovo, mentre il dialogo con Belgrado è fermo da mesi. In verità, ciascuna parte trattiene il fiato. Albin Kurti sembra quasi sicuro di vincere le elezioni legislative previste per l’8 febbraio, ma nessuno sa quale sarà la linea della nuova amministrazione americana: durante il suo primo mandato, Donald Trump ha sostenuto l’ipotesi di un “rettifica” Confini e scambi di territori tra Kosovo e Serbia. Altra incognita, l’entrata in carica del nuovo capo della diplomazia europea, l’estone Kaja Kallas, ritenuta poco informata sui Balcani ma molto sensibile a qualsiasi riferimento alla Russia.. .

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