reindustrializzazione in difficoltà in Francia all’inizio del 2024

reindustrializzazione in difficoltà in Francia all’inizio del 2024
reindustrializzazione in difficoltà in Francia all’inizio del 2024
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Il report esclusivo di L’Usine Nouvelle conferma questa inversione di tendenza. Tra il 1° gennaio e il 24 giugno, il numero delle chiusure di fabbriche ha superato quello delle aperture di nuovi siti industriali, per la prima volta dall’inizio della pandemia. Per stabilire questa valutazione ci basiamo sulle informazioni raccolte dai giornalisti della redazione e dalla nostra rete di corrispondenti presenti in tutte le regioni. Non ha la pretesa di essere esaustivo, poiché vengono presi in considerazione solo gli investimenti più significativi in ​​nuovi siti produttivi, centri di ricerca e sviluppo o data center, tralasciando gli investimenti inferiori al milione di euro.

Dall’inizio del 2024 è aumentato il numero dei siti a rischio di chiusura. Secondo il nostro rapporto, che copre quasi tutto il primo semestre, 37 fabbriche sono state oggetto di un annuncio di chiusura o sono minacciate dopo la loro messa in amministrazione controllata o liquidazione giudiziaria. Almeno alcuni di loro dovrebbero trovare acquirenti nei prossimi mesi, anche se nessuna offerta era stata ancora convalidata quando abbiamo chiuso gli sportelli. Senza prevedere queste possibili riprese, ciò rappresenta un aumento di oltre il 50% rispetto alle 23 minacce di chiusura conteggiate nello stesso periodo nel 2023.


© La Nuova Fabbrica

23 aperture di siti industriali

Allo stesso tempo, continuano a essere costruite nuove fabbriche, ma a un ritmo leggermente più lento rispetto allo scorso anno. A metà giugno, L’Usine Nouvelle elencava 23 aperture di siti industriali dall’inizio dell’anno, contro le 27 dello stesso periodo dell’anno scorso. A ciò vanno aggiunti 24 ampliamenti della capacità produttiva, cifra che questa volta non è cambiata rispetto all’anno scorso.


© La Nuova Fabbrica

Da diversi mesi, la reindustrializzazione prosegue, ma il suo slancio ha subito un notevole rallentamento, nonostante la politica dal lato dell’offerta messa in atto dal governo e le misure volte ad accelerare la creazione di fabbriche e facilitarne il finanziamento, in particolare attraverso Francia 2030. Il rallentamento è in parte ciclico. “Stiamo vivendo una fase di recupero dopo il Covid: le imprese che abbiamo sostenuto durante la pandemia ora sono in difficoltà», ha riconosciuto il ministro dell’Industria Roland Lescure in un’intervista a Usine Nouvelle, pochi giorni prima dello scioglimento. Dall’inizio dell’anno, le insolvenze hanno superato la soglia simbolica di 60.000 imprese in dodici mesi, con una forte accelerazione nel numero delle PMI con più di 50 dipendenti coinvolte in procedure collettive, come rileva lo studio Altarès.

Un rischio di rinvio dei futuri progetti industriali

Come Duralex e Ascometal, la graduale fine del “whatever it takes” e la mancata ripresa della domanda finale hanno completato il drenaggio dei flussi di cassa delle aziende indebolite dall’impennata dei prezzi del petrolio nel 2022 e nel 2023 e per alcune già in atto una situazione finanziaria precaria per lungo tempo. Altri annunci si riferiscono a difficoltà più strutturali in alcuni settori, in particolare il settore automobilistico che si trova ad affrontare il rapido passaggio ai motori elettrici. Bosch ha annunciato la chiusura della sua fabbrica savoiarda, mentre il produttore di cerchi in alluminio Impériales Wheels e lo stampatore Magnetto Automotive France sono stati messi in liquidazione. Queste difficoltà riguardano anche la chimica, con la chiusura definitiva dello steam cracker Exxon a Port-Jérôme (Seine-Maritime) che comporta la soppressione di 677 posti di lavoro.

Al contrario, l’apertura di nuove fabbriche in Francia resta guidata da molteplici settori, dal trasferimento di guanti chirurgici da parte del gruppo canadese Manikheir in un nuovo stabilimento nella Sarthe, alla creazione di un sito produttivo di 120.000 biciclette in Vandea e infine da parte di Arcade. Cicli. L’aumento degli investimenti nelle tecnologie verdi, favorito in particolare dalla legge sull’industria verde, si riflette concretamente anche sui territori: vicino a Bordeaux, Hydrogène de France ha aperto le porte della sua fabbrica di celle a combustibile, installata nell’ex sito Ford di Blanquefort. McPhy ha avviato la produzione di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno nella sua nuova gigafactory a Belfort.

Ma la tendenza al rallentamento nella realizzazione di nuovi siti potrebbe accentuarsi nei prossimi mesi. Il rialzo dei tassi di interesse pesa già da diversi semestri sugli investimenti delle imprese, spingendo le aziende a rivedere i propri progetti. Il contesto di incertezza a livello politico, aperto dallo scioglimento dell’Assemblea nazionale, potrebbe ulteriormente contribuire a ritardare alcuni dei loro progetti. “Quando un boss non ha più fiducia nel governo, non manifesta in piazza, smette di investire. Tutto in pausa, è drammatico”, riassume un manager aziendale. Con il rischio di fermare di fatto la reindustrializzazione.

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