“Ancora ieri”, lettera a Gabriel Nadeau-Dubois

“Ancora ieri”, lettera a Gabriel Nadeau-Dubois
“Ancora ieri”, lettera a Gabriel Nadeau-Dubois
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Proprio ieri avevo 20 anni. Ho accarezzato il tempo e mi sono goduto la vita.

Gabriel, spero che mi permetterai di parlarti direttamente questa settimana e in termini familiari. Oggi lei è co-portavoce di Québec solidaire (QS) e io sono editorialista. Ci siamo incrociati più volte nel corso degli anni senza conoscerci veramente. Ma siamo ad un grado di separazione tra dozzine di persone che, proprio ieri, avevano 20 anni, e hanno espresso la loro opinione di volere la persona giusta per criticare il mondo con disinvoltura.

Gabriel, volevo scriverti soprattutto perché ho la sensazione che siamo una specie in via di estinzione. Molti millennial che si sono fatti conoscere nello spazio mediatico grazie alle mobilitazioni sociali degli anni 2010 hanno lasciato gli occhi del pubblico. Vorrei quasi dire che facciamo parte di un ristretto manipolo di sopravvissuti. Perché siamo così soli, Gabriel?

Proprio ieri, Gabriel, co-portavoce di QS Françoise David, ha dichiarato in una conferenza stampa all'Assemblea nazionale che il governo del Quebec è sessista. Me lo ricordo molto bene, Gabriel, perché era il 2015 e allora sedevo nel consiglio di amministrazione della Fédération des femmes du Québec, presieduta ovviamente da Françoise David.

Proprio ieri abbiamo capito che il Sig.Me David, che ha parlato del sessismo del governo Couillard perché agli insegnanti della FAE in sciopero sono stati rifiutati aumenti salariali dignitosi. Proprio ieri era abbastanza chiaro che non esisteva alcun “affare David”. Nel movimento femminista siamo state in grado di entrare nella breccia aperta per far progredire la comprensione degli effetti ineguali delle politiche pubbliche sulle donne. Anche se, un anno dopo, Notizia aveva pubblicato un'inchiesta dal titolo “L'Assemblea nazionale è sessista ed ecco la prova”.

Mi chiedo, Gabriel, se una volta che le polveri dell'attuale tempesta si saranno calmate, saremo in grado di riflettere insieme sulla riduzione dello spazio per il discorso pubblico progressista rispetto ai nostri vent'anni, quando abbiamo condotto la campagna senza contare i nostri giorni che fuggivano nel tempo. Capisci come siamo arrivati ​​qui?

Mi pongo la domanda con nuova acutezza dopo l’elezione di Donald Trump. Penso che sia questo il motivo che rimango perduto, senza sapere dove andare, con gli occhi che cercano il cielo, ma il cuore sepolto nella terraper una settimana. Sono ferito, perché di fronte a tutto ciò che l’elezione di Trump rappresenta per il popolo, il Quebec ha avuto l’opportunità di brillare in America per la sua differenza.

Dopo il 5 novembre, molti quebecchesi non avevano assolutamente bisogno che così tanti personaggi pubblici rispettati contribuissero ad alimentare un'eclissi mediatica che, guardando indietro negli anni, ci sembrerà molto probabile goffo et esagerato. Avrei voluto che l’ecosistema politico-mediatico del Quebec si distinguesse per il suo senso di calma, di ascolto reciprocorispetto reciproco. Ma ho perso tempo facendo cose assurde, che alla fine non mi hanno lasciato nulla di concreto, solo qualche ruga sulla fronte e la paura della noia.

Non ho mai fatto parte del Québec solidaire. Le persone che mi leggono non resteranno scioccate nell’apprendere che non sono un sovranista. Ma proprio ieri, Gabriel, nel 2016, ho condotto una campagna per chiedere al governo Couillard una commissione sul razzismo sistemico, con Natasha Kanapé Fontaine, Will Prosper e Haroun Bouazzi. Proprio ieri, Amir Khadir ci ha aperto le porte del suo ufficio per sponsorizzare la nostra petizione e portare la nostra voce all'Assemblea nazionale. Chiedo, Gabriel, con tutta l'attuale reazione reazionaria, che posto avrebbe avuto il caucus di solidarietà per un gruppo del genere oggi. Mi chiedo anche, se avessimo compiuto questo esercizio collettivo di verità e riconciliazione, cosa sarebbe possibile parlare in pubblico nel Quebec di oggi. Ho fatto tanti progetti rimasti nell'aria, tante speranze che sono svanite.

Martedì mattina diversi media hanno parlato di “sparatorie di gruppo” su Haroun Bouazzi. Avevo in mente questa immagine molto forte mentre ascoltavo una conferenza sulle conseguenze della violenza online in cui Dalila Awada, Maïtée Labrecque-Saganash e Carla Beauvais — tre ex editorialiste di Metropolitana che si è ritirato dallo spazio mediatico dopo essere stato oggetto di “sparatorie collettive”, da parte di gente comune e altri editorialisti. Per usare la metafora che so essere molto pesante, Gabriel, mi chiedo se tu ed io siamo così soli perché parte della prossima generazione che rappresentavamo è stata creata sparare.

Il prezzo anche della minima “goffaggine” per le giovani voci progressiste e “diverse” degli anni 2010 è stato così alto che ora sono circondato, nella mia vita privata, da talenti nati morti. Anche tu devi esserlo. Coloro che sono sopravvissuti, tu, io e una manciata di altri, hanno dovuto cambiare, rafforzarsi. Ho congelato i miei sorrisi e congelato le mie lacrime. La durezza dell’ecosistema in cui operiamo ci costringe ad esprimerci in un modo che ci allontana dalla strada.

Posso vedere chiaramente come alcune delle persone brillanti, talentuose e progressiste che proprio ieri erano interessate a QS trovino questa struttura del discorso sempre più difficile da seguire. I miei amici se ne sono andati e non torneranno, per colpa mia ho creato un vuoto intorno a me. Credo che la colpa sia effettivamente tanta sistemicoGabriele. L’ecosistema politico-mediatico troppo spesso risolve le cose del meglio e del peggio, buttando via il meglioanche di noi stessi. Tornare lì è una lotta costante.

Un giorno, se vuoi, ti comprerò del rum Barbancourt e ci prenderemo il tempo per pensare insieme, senza macchina fotografica, senza microfono. Semplicemente ascoltarsi tra i sopravvissuti e interrogarsi a vicenda dove sono adesso, adesso, i nostri 20 anni.

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