L’inviato americano Amos Hochstein è arrivato ieri a Beirut per cercare di finalizzare un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. Gli Stati Uniti stimano le possibilità di successo a più del 50%, mentre una fonte della sicurezza israeliana parla di un “potenziale positivo dovuto alle condizioni di sicurezza e alla situazione di Hezbollah”. La bozza di accordo prevede un periodo di prova di 60 giorni durante i quali Hezbollah dovrebbe ritirarsi oltre la linea Litani, lasciando il sud del Libano alle sole forze dell’esercito libanese e dell’UNIFIL. Al termine di questo periodo, se l’accordo verrà rispettato, le forze israeliane si ritireranno dal sud del Libano.
“Abbiamo una reale opportunità per porre fine al conflitto. Questo è il momento di prendere una decisione”, ha detto Hochstein ai media libanesi. “Siamo determinati a fare tutto il possibile per collaborare con Libano e Israele per porre fine al conflitto”.
Rimangono due grandi punti critici: la clausola di autodifesa e la composizione del comitato responsabile della supervisione dell’attuazione della risoluzione 1701. Secondo Sky News Arabia, la nuova formulazione stabilisce che “ciascuna parte ha il diritto all’autodifesa in caso di attacco, a condizione che gli Stati Uniti garantiscano che Israele non effettuerà attacchi preventivi.
In Israele, si ritiene che l’Iran abbia dato a Hezbollah il via libera per accettare un cessate il fuoco, probabilmente inviando un segnale positivo al presidente eletto Donald Trump. Se l’accordo dovesse passare, sarebbe la prima volta che Hezbollah disaccoppia la situazione in Libano da quella di Gaza, abbandonando così una delle sue richieste fondamentali.
Il meccanismo di applicazione della normativa sarebbe più robusto di quello del 2006, con il coinvolgimento di Regno Unito, Germania, Francia e altri attori. Israele manterrebbe tuttavia il diritto di intervento in caso di violazione, disposizione contenuta negli accordi. Secondo fonti diplomatiche citate dal quotidiano saudita “Al-Sharq al-Awsat”, nonostante la volontà di andare avanti, “c’è il serio timore che Netanyahu finisca per respingere il piano”.
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