a due mesi dall’offensiva contro Hezbollah, i 60mila sfollati dal nord di Israele non possono ancora tornare a casa

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Due mesi dopo l’esplosione dei cercapersone in Libano, prima fase dell’offensiva israeliana contro Hezbollah, Israele non detiene ancora posizioni sufficienti per consentire il ritorno degli sfollati.

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Pubblicato il 18/11/2024 15:04

Aggiornato il 18/11/2024 15:04

Tempo di lettura: 2 minuti

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Foto scattata da Metula, nel nord di Israele, il 15 ottobre 2024. (RISATE MATRIMONIALI / AFP)

A che punto siamo con gli obiettivi di guerra dell’esercito israeliano contro Hezbollah? La milizia sciita è stata decapitata, parte della zona di confine è occupata, ma nessuno dei 60mila sfollati israeliani dal nord del Paese è riuscito a tornare a casa. Questo però costituisce l’obiettivo principale dell’esercito dello Stato ebraico.

Nel nord del paese, nella zona militare di Metulla, corpi senza vita giacevano in un frutteto molto vicino al confine. “Sono arrivato primo. Non ho parole. È stato orribile”testimonia Aviv, un soldato israeliano di stanza nella città di Métoulla, a poche centinaia di metri dal Libano, e che ha ritrovato i resti di tre braccianti agricoli tailandesi e di un israeliano, poco più di due settimane fa. “Stavano lavorando qui, stavano raccogliendo mele… Quindici minuti dopo, c’è stato un lancio di razzi. Poi siamo arrivati ​​e li abbiamo trovati tutti morti.”

Oggi gli scontri a fuoco continuano. “Quelli sono israeliani, siamo noi”disse, sentendo un forte tonfo, “Vedi, la zona nera proprio lì, questi sono gli ulivi che sono bruciati dopo l’esplosione della bomba. Ed è spaventoso”confida. Più di quaranta civili sono stati uccisi nel nord di Israele nell’ultimo anno. Dall’altra parte ci sono oltre 3mila morti.

L’esercito statale ebraico occupa ora posizioni in un’area larga circa cinque chilometri lungo il confine, all’interno del Libano. Ma per il momento non è sufficiente a consentire il ritorno a casa dei 60mila sfollati presenti nella regione.

“Non vogliamo una guerra che duri cinque anni o qualcosa del genere”.

Miki, residente in Israele

su franceinfo

Miki è uno dei rari residenti di Kiryat Shmona, pochi chilometri a sud di Métoulla, che non se ne è andato. “Il lavoro non è ancora finito: trattenere qualche chilometro e qualche villaggio non basta. Però mi sento molto meglio perché ora so che non ci sono più tunnel. Avevamo paura che qualcuno sbucasse da questa montagna. È vicino. Cammini dieci minuti e ti senti meglio. Spero che il mondo ci aiuti a trovare un accordo. Perché deve finire così”, Miki predica.

Circa 16.000 razzi, droni o missili sono stati inviati sul territorio israeliano da più di un anno, di cui più di un quarto solo il mese scorso.


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