«Non è stata violenza, ma un’esecuzione, un omicidio»: alle assise dell’Ariège, 20 e 10 anni di carcere per tentato omicidio e complicità

«Non è stata violenza, ma un’esecuzione, un omicidio»: alle assise dell’Ariège, 20 e 10 anni di carcere per tentato omicidio e complicità
«Non è stata violenza, ma un’esecuzione, un omicidio»: alle assise dell’Ariège, 20 e 10 anni di carcere per tentato omicidio e complicità
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l’essenziale
Nell’ultimo giorno del processo contro Kévin e Gaspard, accusati di attentato violento e complicità nei confronti di un concorrente, l’ex compagno del primo e uno dei suoi amici, il procuratore generale e la difesa si sono scontrati a piedi.

“Paradiso, marito mio!” » L’inizio della requisitoria del procuratore generale, Pierre Aurignac, risuona nel silenzio dell’aula del tribunale di Foix. Da martedì 12 novembre si svolge lì il processo a carico di Kévin* e Gaspard*, accusati rispettivamente di tentato omicidio e di violenza aggravata e complicità; e ora è giunto il momento dell’accusa, ma anche della difesa.

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In 50 minuti, orologio alla mano, l’avvocato generale traccia un ritratto clinico dei fatti giudicati, avvenuti nella notte tra il 7 e l’8 marzo 2020 a Lavelanet. “L’immagine Epinal del marito tradito”, continua il magistrato, Kévin è questo marito, ingannato da Aurélie, la compagna di cui dice di essere perdutamente innamorato, di David*, il suo ex coniuge. Ma se nel teatro di boulevard il marito fa ridere, qui non è così: “Siamo più a Rocky Balboa, con la violenza che è un vero e proprio modo di gestire i conflitti. »

Ma chi ha commesso queste azioni? È ciò che tenta di chiarire Pierre Aurignac, soffermandosi a lungo su ogni elemento portato avanti nel corso dei dibattiti; nella sua voce emerge il ritratto di un Kévin di primo piano, “un pazzo con intenti omicidi”, e di un complice Gaspard, ma “che aveva capito che qualcosa sarebbe andato storto”: “Vi diremo che ‘lui [Kévin] cercò un’arma per proteggersi, uno contro tre, ma non c’erano avversari, c’erano solo persone che dormivano”, tuona il procuratore generale, che chiarisce il punto: “Non si è trattato di violenza, ma di un’esecuzione, di un omicidio ! »

Nel banco degli imputati, Kévin nega la sua testa per tutta l’accusa, che si conclude così: Pierre Aurignac chiede 20 anni di reclusione penale contro Kévin e 10 anni contro Gaspard, accompagnati da un controllo socio-giudiziario, dall’interdizione dall’Ariège o dall’entrare in contatto con vittime, obblighi di cura e di lavoro.

“Un vero vincolo”

Un atto d’accusa che ricalca lo schema invocato dalla difesa di Gaspard, composta dai signori Daffis-Costa e Fabbri; tuttavia, in una “misura che deve essere messa in prospettiva”, tempera il primo. “Un errore”, ecco quanto sostiene: “Il ruolo causale del complice deve essere volontario, era sotto costrizione, non c’è alcun accordo o incoraggiamento preventivo! » insiste l’avvocato. Anche il suo cliente, continua, era estraneo al triangolo amoroso, “un combattimento di galli” come lo avrebbe poi definito il maestro Fabbri: non spettava a lui risolvere quella disputa, soprattutto non con tanta violenza.

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Solo che quello che ha fatto quella sera l’ha fatto male, invoca mastro Fabbri. “Era l’anniversario dell’attentato di suo padre a sua madre”, descrive l’avvocato. Quindi, “sa che deve andare quel giorno”, continua, per cercare di dissuadere Kévin dall’andare da Aurélie, per cercare di proteggerla, come non poteva proteggere sua madre otto anni fa, maître Daffis-Costa Dire.

Ma c’era una “vera costrizione e una vera minaccia” da parte di Kévin, “che aveva bisogno di uno spettatore per mostrare la sua onnipotenza, nel suo gioco di dominio”: motivo per cui i due chiedono ai giurati di restituire la libertà al loro cliente.

Due tipi di fattori

Ci vorrà quasi un’ora perché Maître Parra-Bruguière racconti ai giurati la storia del suo cliente, o almeno chieda loro di mettersi, per un momento, al suo posto. «Stai attento, non ti dirò mai che è colpa di qualcun altro», avverte però. Ma giudicare è infinitamente più complesso del bianco e nero, e bisognerà affinarlo, perché 20 anni sono una pena significativa e sproporzionata. »

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Inizia quindi un lungo appello ai fattori endogeni, di esclusiva responsabilità del suo cliente, e ai fattori esogeni, esterni, sui quali Kévin, “un uomo forgiato nella violenza”, non aveva alcun controllo. “Non giustificherò mai la violenza domestica, ma non ho la sensazione che Aurélie, già madre, di 19 anni, sia una donna sottomessa, sotto l’influenza di un ragazzo di 17 anni”, giudica. Ripete ancora per non spostare il cursore delle responsabilità, ma punta sempre il dito contro l ‘”inganno” di Aurélie per allontanare falsamente Kévin da questa casa dove ha investito, per la quale ha portato soldi, dove viveva la sua famiglia.

Allora, l’avvocato fa appello ai ricordi dei giurati, chiede loro di ricordare di cosa si tratta, «quelle ferite sentimentali dell’adolescenza, le più complicate». E’ la storia del cuculo, l’ex che esce di prigione e che arriva a prendere il posto di Kévin, dirà poi: “Ha la sua esperienza, la sua storia, la sua violenza, le sue crepe, di fronte a un concorrente che arriva nella casa dove si trova il suo suo figlio, la sua stanza, il suo letto, lo insulta, lo disprezza, lo umilia… sfido chiunque a non reagire, o almeno a non pensarci. »

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In questo racconto dell’avvocato, la rabbia confonde tutto, il che non significa necessariamente che Kévin fosse solo quella sera, poiché il suo avvocato ha avuto cura di dire che non crede in alcun modo che Gaspard sia rimasto sulla porta dell’appartamento come sostiene. Ma «questa combinazione di fattori ha contribuito a far esplodere quest’uomo», che ha continuato ad asciugarsi gli occhi lucidi di lacrime durante tutta la difesa del suo avvocato.

*I nomi sono stati cambiati

Condannato a 10 e 20 anni di reclusione penale

È già notte fonda quando la corte e i giurati ritornano ai posti che hanno occupato negli ultimi quattro giorni nelle assise dell’Ariège. Dopo quasi 5 ore e mezza di deliberazione, hanno giudicato Kévin colpevole di tentato omicidio, violenza contro l’ex partner e violenza con l’uso di armi, e Gaspard colpevole di complicità in questi crimini.

È in un pesante silenzio che la presidente, Madame Ratinaud, annuncia le sentenze: 20 anni di reclusione penale per Kévin e 10 anni per Gaspard. Solo il primo stringe la mascella, smarrimento e rabbia si mescolano sui suoi lineamenti; non una sola emozione traspare sul volto del secondo. Sotto il peso della decisione, però, entrambi abbassano la testa tra le gambe mentre il presidente prosegue: sono condannati anche a 2 anni e 18 mesi di supervisione socio-giudiziaria, divieto di contatto con le vittime, obbligo di farsi curare, a lavorare o allenarsi.

Dovranno anche risarcire le vittime: se di David si parlerà in una prossima udienza, Maître Puig chiede 30.000, 24.000 e 12.000 euro per i danni alla sua famiglia; Quanto al signor Vitrac, stima il danno di Aurélie a 8.000 euro.

Bisognerà attendere il 22 novembre per sapere se queste somme verranno concesse alle vittime. Nel frattempo, il signor Daffis-Costa non ha previsto, per il momento, di ricorrere in appello, mentre il signor Parra-Bruguière ha già annunciato la sua intenzione di farlo.

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