La Russia prevede di unire i suoi giganti petroliferi Rosneft, Gazprom Neft e Lukoil in un’unica superentità. Mosca creerebbe così un vero e proprio impero petrolifero. Se la tentazione è grande, questa fusione è anche un’arma a doppio taglio.
Di fronte alla pressione economica dell’Occidente e ad un contesto economico sempre più restrittivo, la Russia starebbe valutando la possibilità di riunire i suoi giganti petroliferi Rosneft, Gazprom Neft e Lukoil sotto la stessa bandiera. Secondo le informazioni di Giornale di Wall Streetci sarebbero diversi scenari sul tavolo. Uno di questi vedrebbe il colosso statale Rosneft assorbire il produttore statale Gazprom Neft e il gruppo indipendente Lukoil. Tutti e tre sono attualmente soggetti a sanzioni americane.
Questa iniziativa strategica mira a massimizzare i ricavi energetici e a consolidare ulteriormente la propria influenza sul mercato petrolifero globale. Unendo queste tre entità, Mosca creerebbe semplicemente il secondo produttore di petrolio al mondo dopo Saudi Aramco. Un colosso che produrrebbe quasi tre volte di più del colosso petrolifero americano Exxon. Secondo il Tempi finanziaricircolerebbe il nome di Alexander Yukov, amministratore delegato di Gazprom Neft, come possibile nuovo capo di una possibile compagnia petrolifera statale russa unificata.
Il settore energetico rimane la spina dorsale dell’economia russa
La Russia ha dovuto affrontare crescenti sfide fiscali da quando le sanzioni occidentali si sono intensificate nel 2022. Nonostante l’elevata inflazione e i costi della difesa in costante aumento, il settore energetico rimane la spina dorsale dell’economia russa, sostenendo una crescita che ha sorpreso gli osservatori nonostante le restrizioni internazionali. Raggruppando i suoi principali produttori di energia sotto un’unica bandiera, Mosca spera di semplificare la gestione delle esportazioni, ridurre la concorrenza interna e ottimizzare i ricavi aumentando il proprio potere di determinazione dei prezzi.
I vantaggi strategici di una fusione I giganti petroliferi russi
Le prospettive di questa fusione presentano numerosi vantaggi strategici per Mosca. In primo luogo, consentirebbe di rafforzare la supervisione del governo sulle imprese, limitando le tensioni tra i diversi leader, spesso vicini al Cremlino. Questo consolidamento faciliterebbe anche l’accesso alle risorse e alle reti internazionali di Lukoil, in particolare in Medio Oriente e Africa, il che potrebbe migliorare le possibilità di eludere le sanzioni. Porrebbe anche fine alla concorrenza che a volte spingeva i prezzi verso il basso verso clienti come India e Cina. Infine, questa strategia del “maxi-gruppo” dovrebbe anche rafforzare la resilienza della Russia di fronte alle restrizioni finanziarie occidentali, fornendo una migliore protezione per le infrastrutture energetiche russe.
Rischi economici e ostacoli politici
Tuttavia, questa fusione non è priva di rischi. L’integrazione di questi colossi potrebbe rallentare temporaneamente la loro produttività, danneggiando così i guadagni immediati, possiamo continuare a leggere Mercati interni. Gli analisti finanziari russi sottolineano nel Giornale di Wall Street che un gigante unificato sarebbe anche un bersaglio più facile per le sanzioni occidentali, a differenza delle entità separate che, per ora, favoriscono metodi di elusione efficaci.
Politicamente, l’opposizione di alcuni leader influenti come Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft, e Alexei Miller di Gazprom complica la situazione. Questi potenti attori, noti per la loro autonomia e ambizioni personali, sono tradizionalmente riluttanti a una fusione che potrebbe limitare la loro influenza individuale e ridurre la concorrenza tra attori statali, il che a volte gioca a loro favore.
Una risposta discreta da parte del Cremlino
L’idea di una fusione non è nuova e torna regolarmente agli onori della cronaca. Per il momento le possibilità di successo sono almeno ipotetiche e negli ultimi dieci anni non è stata realizzata alcuna operazione importante nel settore energetico, per le ragioni già citate e anche per i fondi necessari per acquisire la società privata Lukoil. Per il momento Vladimir Putin non ha ancora deciso sulla questione. Sarebbe il ministro dell’Energia, Sergei Tsivilev, a sottoporre personalmente al presidente russo questa idea di una compagnia petrolifera statale unificata, precisa il Tempi finanziari. Ma Tsivilev non è uno qualunque. È il marito della nipote di Putin. E la sua nomina è l’ennesimo segnale della volontà di rafforzare il controllo statale sulle risorse fossili nazionali. Abbastanza per rafforzare l’idea che questo progetto potrebbe diventare realtà nei mesi a venire, ridisegnando così la mappa energetica globale.