Anche dopo aver perso le elezioni presidenziali, Kamala Harris resta nel mirino dei sostenitori di Donald Trump… Sui social network, i filo-repubblicani accusano Kamala Harris di aver vinto solo negli Stati in cui non esiste l’obbligo di voto.
“Kamala Harris ha vinto in tutti gli stati che non richiedono la tessera elettorale. Coincidenza. In questi stati è possibile manomettere le elezioni facendo votare gli immigrati clandestini”.intende denunciare https://twitter.com/KimJongUnique/status/1854420644751884732 Non potrebbe essere più chiaro: il candidato democratico perdente è, ancora una volta, accusato di barare.
A sostegno dei loro commenti, gli internauti si affidano a due mappe: una che mostra gli stati in cui non è richiesta la carta d’identità per votare e l’altra che mostra gli stati vinti dal Partito Democratico alle elezioni presidenziali del 5 novembre 2024. Confrontando le due mappe emerge somiglianze.
Kamala Harris ha davvero vinto negli stati in cui non è richiesta la carta d’identità? E questo significa una frode massiccia con voti di persone “illegali”, come sostengono i suoi oppositori? Gli evidenziatori sottolineano il punto.
Un’equivalenza imperfetta
Negli Stati Uniti, ogni stato stabilisce le regole in base alle quali gli elettori possono votare. In tutto, quattordici stati hanno scelto di non richiedere l’identificazione per votare.
È vero che osserviamo una correlazione relativa tra gli stati vinti da Kamala Harris e questi stati. Ma questa correlazione non è assoluta. Di questi 14 stati, 12 sono stati vinti dai democratici e due dai repubblicani (Nevada e Pennsylvania). Kamala Harris ha vinto anche in sette stati in cui era richiesta la carta d’identità.
Oltre a questi controesempi, il fatto che uno Stato non richieda la carta d’identità per votare non significa che chiunque possa votare. Anche quando lo stato non richiede un documento d’identità, esistono procedure di verifica. Ma non tutti hanno lo stesso.
La verifica dell’iscrizione nelle liste elettorali
Per conoscere le regole vigenti in materia di identificazione degli elettori in ogni Stato, il sito del governo americano fa riferimento al sito di un’organizzazione apartitica, la National Conference of State Legislatures (NCSL).
E secondo questo sito, gli stati che non necessitano di un documento d’identità per votare, “hanno requisiti di identificazione non documentali, il che significa che gli elettori devono verificare la propria identità con altri mezzi”.
Il sito web della NCSL distingue tre principali mezzi di verifica dell’identità in questi Stati che non richiedono un documento di identità: l’affidavit, la firma e la richiesta di informazioni biografiche. “Questi requisiti non si escludono a vicenda”precisa la NCSL.
E molto spesso, le firme e le dichiarazioni giurate firmate vengono confrontate con quelle “compare sui moduli di registrazione degli elettori”. Per quanto riguarda le informazioni biografiche, sono verificate “confrontandoli con registri elettorali, liste di registrazione o registri elettorali elettronici”.
Ad esempio, nel Vermont, l’elettore dovrà indicare il suo nome ed eventualmente il suo indirizzo ai funzionari elettorali, il che consentirà di verificare la sua iscrizione nelle liste elettorali.
E per iscriversi alle liste elettorali, l’identità deve essere verificata, ricorda all’AFP Barry Burden, professore di scienze politiche all’Università del Wisconsin-Madison.
Soprattutto da allora “la procedura per registrarsi per votare negli Stati Uniti è estremamente noiosa”spiega Maxime Chervaux, professore associato all’Istituto francese di geopolitica e specialista in politica americana.
Al di là del fatto che la frode sembra materialmente difficile da attuare, “Le pesanti sanzioni previste in caso di frode hanno un effetto deterrente”continua lo specialista.
Non sorprende che questi siano stati storicamente democratici che il più delle volte non richiedono documenti d’identità. “Poiché negli Stati Uniti non esistono le carte d’identità, la forma più comune di identificazione è la patente di guida. Tuttavia questo documento d’identità presuppone una certa situazione economica”dettagli Maxime Chervaux.
Gli stati repubblicani che rafforzano sempre più le procedure di identificazione durante il voto sono accusati, in particolare dall’Associazione nazionale per il progresso delle persone di colore, di ostacolare in tal modo l’accesso al voto per alcune minoranze, in particolare le persone razzializzate, che tradizionalmente votano per i democratici.
Una vecchia voce
Come vi abbiamo spiegato in un precedente articolo, la voce secondo cui i democratici utilizzerebbero i voti di individui che non hanno la cittadinanza americana è tutt’altro che nuova. È un vecchio ritornello che ricorre ad ogni elezione presidenziale.
Negli ultimi anni diversi rapporti hanno evidenziato che il voto di cittadini non americani alle elezioni presidenziali rappresenta casi isolati.
Secondo lo studio del Brennan Center for Justice, un istituto apartitico collegato alla New York University, pubblicato nel 2017, il voto dei non cittadini rappresenta lo 0,0001% dei voti. Non abbastanza per cambiare la situazione in uno Stato.
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