VERO O FALSO. Esplosione in caso di pertosse: un viaggio in aereo può curare la tosse dei malati?

VERO O FALSO. Esplosione in caso di pertosse: un viaggio in aereo può curare la tosse dei malati?
VERO O FALSO. Esplosione in caso di pertosse: un viaggio in aereo può curare la tosse dei malati?
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l’essenziale
L’esplosione di casi di pertosse in Francia, “inaudita in 40 anni” con quasi 6.000 casi da gennaio, ha risvegliato il ricordo dei “voli della pertosse” del passato negli aeroclub. Se per i bambini il piacere del primo volo è assicurato, nessuno studio scientifico ne ha però stabilito l’efficacia.

Bordatella: questo è il nome del male. E più precisamente la Bordatella Pertusis, il bacillo della pertosse che provoca febbre, naso che cola e soprattutto tosse per molte settimane. Fino alla comparsa degli antibiotici e poi del vaccino (obbligatorio per i neonati dal 2018), questa malattia respiratoria, che colpisce soprattutto i bambini, potrebbe causare una mortalità significativa. Negli anni ’50 in Francia si contavano ancora dai 50.000 agli 80.000 casi di pertosse all’anno, che causavano in media un migliaio di morti all’anno. I violenti attacchi di tosse sfinivano i piccoli pazienti.

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Ma dalla fine degli anni ’30… “Per coloro che tossivano da molto tempo, facevamo talvolta dei ‘voli o battesimi per la pertosse'”, ricorda Tony Lucantonio, ex presidente dell’aeroclub Bigorre, a Tarbes Laloubère, dopo aver lo hanno fatto alcuni negli anni ’80 -’90. “Bisognava andare in alto, velocemente, restare lì per un certo tempo, poi scendere a tappe per risparmiare i passeggeri. L’aria di montagna faceva bene anche ai malati”, sintetizza.

L’opportunità di fare un volo sul Pic du Midi

“Ricordo di averne fatti quattro o cinque negli anni ’80, ma raramente ottenevamo riscontri sull’efficacia. La gente avrebbe dovuto richiamarci per dirci se funzionava, solo due dei miei passeggeri lo hanno fatto”, precisa Christian Falliero, uno dei volanti. i ricordi del club. Nel peggiore dei casi, i bambini malati e talvolta le loro madri che li accompagnavano riportavano il ricordo unico di un volo sopra il Pic du Midi. Tuttavia fu proprio un medico tedesco che, nel 1928; aveva osservato che un volo in quota poteva calmare la tosse.

Ex pilota di guerra, aveva “portato sul suo biplano un bambino che tossiva. Dopo un volo di mezz’ora a più di 1.500 m, notò che la tosse del bambino stava diventando più rara e che sembrava rianimato. Ricominciò l’esperimento e ha pubblicato alcune righe sull’argomento in una rivista aeronautica”, spiegava Jean-Philippe Chivot sul sito AeroVFR nel 2019 prima di precisare che “nel 1938, un pilota medico del club di volo dell’Alsazia, il dottor Willy Matter, [aller s’inspirer] dell’esperienza tedesca perché vedeva finalmente un utilizzo dell’aereo per voli terapeutici […] I principali club di volo francesi offrirono quindi, poco prima della guerra, voli strepitosi che facevano parte della loro propaganda a favore dell’aviazione.”

Due protocolli, quello di “Strasburgo” e quello di “Bordeaux”

“Voli della pertosse” che approfitteranno di questo periodo e poi del dopoguerra… “Infatti le condizioni di vita favorirono la diffusione del morbo e la politica del governo, volendo sviluppare la formazione dei piloti militari, distribuì sussidi ed aerei club di volo”, analizza l’autore. Esistevano allora due protocolli di volo: “da Strasburgo”, quello del dottor Matter, e “da Bordeaux”, anonimo.

Per il primo, Christian Falliero e Tony Lucantonio precisano: “Dovevamo fare una salita veloce a più di 3.000/3.200 m, per noi era semplice, era sopra il Pic du Midi. Lì abbiamo fatto un lungo livello a questa quota , 20 minuti in tutto, poi siamo scesi a 1.500 m per un altro livello prima di ritornare a terra. In totale è stato un volo “3×20”, tre fasi da 20 minuti.

Dalla parte “bordolese”? È stata “una rapida salita a 1200 m, un livello di 3 minuti e due curve strette, una rapida discesa a 500 m, due curve, una rapida salita a 1200 m e (finalmente!) una rapida discesa a terra. Questo protocollo, “abbastanza sportivo”, durava solo 25 minuti ed era quindi meno costoso…” constata Jean-Philippe Chivot.

Nel 2013 a Vosges-Matin, il capo pilota dell’aeroclub dei Vosgi Jacky Arnoux ha notato un ritorno della domanda e ha ricordato di aver praticato anche questi “battesimi popolari” effettuati da piloti approvati negli anni ’80. «Ricordo perfino di aver preso voli rimborsati dalla previdenza sociale», confidò, ricordando che «nelle ore successive i ragazzi migliorarono».

Uno studio del 1985

Nel 1985, però, fu effettuato uno studio sull’efficacia di questo tipo di volo e sul protocollo che doveva seguire il pilota. Ha coperto 1.952 “voli notturni” condotti da 742 piloti di 143 aeroclub. Conclusioni? “I vari protocolli seguiti dai piloti, così come i certificati dichiarativi dei miglioramenti post-volo, hanno reso inutilizzabili i risultati dell’indagine”, indica Jean-Philippe Chivot. E da questo “inutilizzabile” lo studio ha tratto la conclusione che “volare in quota era inefficace contro la malattia”. Un viaggio di andata e ritorno con la funivia dell’Aiguille du Midi con sosta di un’ora in vetta o una Parigi-Nizza in cabina pressurizzata a 2.500 m “sono stati sicuramente altrettanto efficaci”, aggiunge, nota l’autrice.

“L’ipossia, la carenza di ossigeno e di aria secca in quota e il rapido cambiamento della pressione barometrica possono avere effetti sulle vie respiratorie e indubbiamente dare sollievo ad alcune persone, ma per il momento, dal punto di vista medico, nulla è stato dimostrato”, ricorda oggi anche il dottor Jean-François Patte, medico di Tolosa abilitato in medicina aerospaziale. Nel frattempo i piloti o i club di volo offrono ancora, qua e là, questi “voli doproporzionati”, lo conferma una rapida occhiata su Internet. Il primo principio della medicina è non nuocere al paziente… una fuga in quota non nuoce, dicono i difensori di questa fuga a chi potrebbe far tossire la pratica.

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